Adolescenti gay? Professori a scuola

Omofobia, bullismo e omosessualità: anche per gli insegnanti arriva il momento di imparare, come dimostrano i recenti corsi di aggiornamento organizzati da Arcigay e tenuti in diverse città.

Si parla di omosessualità nelle scuole medie? Un professore di religione, nel marzo scorso rispondeva così a “Babilonia”: «A volte si è costretti a parlarne per motivazioni oggettive che sono: le battute di alcuni alunni, l’offesa contro qualcuno, le domande stesse dei ragazzi durante la trattazione di temi che possono essere inerenti alla tematica omosessuale. Se escludiamo questi interventi il tema in oggetto non è volutamente presente nella formazione dell’adolescente dagli 11 ai 14 anni».

Una recente ricerca dell’Università di Bologna svolta su 140 studenti omosessuali rileva che il 79% è stato vittima in ambito scolastico di insulti ripetuti, il 12% è stato preso a pugni, a calci, o picchiato, il 5% è stato aggredito con un bastone o un coltello e il 4% obbligato a spogliarsi. Arcigay, per arginare l’allarmante e conosciuto fenomeno, ha tenuto quest’anno in sei città (Bologna, Pisa, Brescia. Parma nei mesi scorsi; Reggio Emilia e Modena questo mese) un corso di aggiornamento per insegnanti di scuola media superiore che ha avuto l’autorizzazione del ministero della pubblica istruzione.

Così circa duecentocinquanta tra insegnanti ed educatori hanno partecipato a un seminario, ripetuto con poche differenze nelle diverse città, intitolato «Educare al rispetto» tenuto dallo psicologo Luca Pietrantoni che lavora presso l’Università di Bologna e dalla dottoressa Margherita Graglia del SERT di Reggio Emilia.

Numerosi i temi affrontati durante le lezioni: bullismo; visione dell’omosessualità nella società e nelle scienze; teorie sull’identità e sull’orientamento sessuale; relazione tra adolescente omosessuale, famiglia, e gruppo dei pari; diversità di genere; processi di educazione multiculturale; indicatori quantitativi e qualitativi di sicurezza e accoglienza nella scuola; training alle pratiche antidiscriminatorie e altro.

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Quest’elenco pare ermetico e cattedratico mentre in realtà il corso è stato chiaro e godibile e numerosi sono stati gli interventi dei partecipanti spesso chiamati a coinvolgenti esercizi di gruppo.

Tutte le lezioni sono state supportate da una vasto repertorio bibliografico e necessariamente, fa piacere dirlo, obiettive. Per esempio, durante il corso, nell’esposizione delle tesi relative alla genesi dell’omosessualità sono state riassunte anche quelle che presentano l’omosessualità come una malattia curabile. Chiaramente è stato specificato che tali assunti sono sostenuti da una esigua minoranza di psicologi e da alcuni gruppi di ex-gay.

I due relatori si dicono molto soddisfatti dei seminari: il «cambiamento di opinioni e atteggiamenti – dice la dottoressa Graglia – non è solo auspicabile ma possibile; il corso non propone solo informazioni, ma permette, tramite una metodologia formativa che privilegia l’interattività e l’esperienzialità [(role-playing, lavoro sui casi, lavoro di gruppo)] di mettersi in gioco a livello personale». Pietrantoni aggiunge che «questi interventi a microlivello sono molto efficaci gruppi più grandi sarebbero ingestibili e, secondo recenti ricerche sociologiche, è più utile lavorare con pochi soggetti».

I due psicologi hanno numerosi progetti per il futuro. Innanzi tutto hanno elaborato «un progetto rivolto alle scuole che prevede l’attivazione di seminari per gli insegnanti e interventi intensivi con i gruppi classe riguardo l’educazione alle diversità» inoltre parteciperanno ad un progetto europeo chiamato GLE, coordinato da un gruppo di finlandesi, tutto iancentrato sullo studio degli effetti dell’omofobia nella scuola e al primo congresso mondiale intitolato “Orientamento sessuale, salute umana e diritti umani” teso a studiare gli effetti dello stigma sociale sull’omosessuale. Questo per capire quanto a livello internazionale il tema sia dibattuto.

Italia al palo? No, grazie a pochi gruppi Arcigay che lavorano e a due psicologi volonterosi. Ci auguriamo che l’esperienza sia ripetuta e che altri studiosi incomincino a lavorare su questi temi. Un pluralismo di voci sull’argomento certo non guasterebbe. (pubblicato in “Babilonia”, dicembre 2000 con il titolo “Scuola e adolescenti gay)

Stefano Bolognini ⋅
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