Discriminazione invisibile

Il punto sulla discriminazione gay in Italia in un articolo pubblicato da “Mosaico di Pace”: alle persone omosessuali viene chiesto spesso di cancellare la propria identità e la propria esistenza.

2 omicidi, 17 casi tra violenza, pestaggi o aggressioni, 5 casi di estorsione, e 5 casi di vandalismo e bullismo è il bilancio in rosso della discriminazione che colpisce omosessuali e lesbiche italiani, diffuso da Arcigay in occasione della Giornata mondiale dell’omofobia del 17 maggio scorso.
Quei numeri, pur nella loro gravità, offrono solo un’idea generica, e decisamente al ribasso, dell’esperienza di discriminazione che un omosessuale italiano affronta quotidianamente perché rappresentano solo un conteggio di quei rari casi che hanno ottenuto una qualche visibilità mediatica ed, eventualmente, la solidarietà delle istituzioni e della società civile.
Non hanno la dignità di notizia, al contrario, l’adolescente omosessuale disperato che telefona ai centralini di aiuto gay (l’800 713 713 o lo 0254122227), l’ingegnere che lavora per una multinazionale ed è escluso dai colleghi perché non ama l’appuntamento settimanale con il calcio aziendale o l’uomo di spettacolo costretto a sfoggiare l’ultima conquista eterosessuale per non incorrere in intoppi di carriera.
Ancora c’è l’anonimo utente di internet che “non ce la fa più perché tutti lo prendono in giro”, la ragazza che ama le ragazze ed è costretta a trasferirsi dal paese d’origine alla grande città per poter finalmente respirare. Poi c’è la donna del terzo piano che riceve solo amiche e fa discutere tutto il quartiere o la coppia che cammina per strada e intravede l’ennesima ed inequivocabile scritta “froci di m.”. Poi è discriminata la transessuale additata a vista o il sieropositivo abbandonato a se stesso…
E potremmo continuare a lungo nel raccontare un fenomeno perverso e polimorfo che vive e prospera ogni giorno nell’invisibilità e nel silenzio. Prova ne sia l’inesistenza, nel nostro paese, di un Osservatorio istituzionale di indagine sulla discriminazione gay a testimonianza di quanto il problema sia per nulla percepito come reale o esistente.
Ma la sua realtà di cui sono sfumati i contorni in quei numeri vaghi è quella con la quale Arcigay fa i conti tutti i giorni, nelle grandi città e nelle provincie, su e giù per lo stivale, a destra, centro e sinistra e con timide differenze tra nord e sud, tra città nelle quali esiste una comunità omosessuale organizzata o tra paesi dove regna ancora il più totale silenzio, e persino l’omertà.
Ma la lotta ormai trentennale del movimento gay italiano incomincia timidamente a dare i suoi frutti. Sull’omofobia, dopo anni di denunce al vento, è intervenuto il Ministero della pari opportunità con la diffusione di una prima campagna di comunicazione sociale. Il bullismo ha trovato una timida, ed ancora parziale risposta, nell’incontro tra studenti e gruppi gay in molte città. Si moltiplicano poi le iniziative di Arcigay e non sulla cultura del rispetto, quella vacante oggi nei confronti di omosessuali, lesbiche e transessuali italiani.
Infine c’è il nervo scoperto dei diritti negati alle coppie di omosessuali che rappresentano la sintesi migliore della lotta in campo contro la discriminazione con la richiesta, tanto banale quanto ostacolata in tutti i modi, di piena ed assoluta parità nella cittadinanza tra eterosessuali ed omosessuali.
Le discriminazioni che subiscono le coppie gay sono numerose (dall’impossibilità di visita del partner in ospedale, eredità, permessi lavorativi ecc.) ma la più macroscopica sta, come nella DNA di ogni irrispettabile discriminazione, nella diversità di trattamento. E una società civile e moderna non può tollerare la discriminazione perché un diritto negato ad un omosessuale, è un diritto negato ad un eterosessuale, è un diritto umano negato. (pubblicato in “Mosaico di Pace“, giugno 2010)

Stefano Bolognini ⋅

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