Matrimonio gay. In attesa di giudizio

Come si pronunceranno i giudici della corte costituzionale chiamati a esprimersi sulla legittimità del matrimonio tra persone dello stesso sesso nel nostro Paese? Abbiamo cercato di farcene un’idea, mettendo insieme un po’ di indizi.

Il Palazzo della Consulta a Roma, sede della corte costituzionale (foto: MarkusMark - Wikicommons)

La sentenza è di quelle molto attese: la Corte Costituzionale è chiamata a decidere, a breve, se le coppie gay italiane possono, o meno, contrarre matrimonio. Scadrà infatti a settembre, il termine ultimo per rispondere al ricorso di quattro diversi tribunali (Venezia, Trento, Firenze, Ferrara) che hanno reputato discriminatorio il “no” di altrettanti Comuni a coppie di gay che avevano chiesto di sposarsi civilmente.

Su quali potrebbero essere gli orientamenti della corte è purtroppo buio completo, anche perchè pochi tra i quindici togati che compongono l’organo supremo della magistratura hanno affrontato più o meno direttamente la questione gay.
E’ il caso del cattolico Paolo Grossi, nominato da Napolitano, che nel 2005 su Tracce sosteneva che “in base al diritto naturale”, “il matrimonio deve essere fra due figure di sesso diverso e la prima cellula della vita sociale è la famiglia”. In sede di giudizio la sua contrarietà al matrimonio gay sarà, evidentemente, scontata.

Al contrario, qualche vaga simpatia alle nozze arcobaleno potrebbe venire da Giuseppe Tesauro, vicino al centro-sinistra, nel 1999 era tra i relatori, a Londra, di un convegno sulle coppie di fatto. Ancora, Ugo De Siervo, eletto dal Berlusconi II su indicazione del centro-sinistra, aveva partecipato nel 2008 al seminario “L’Europa dei Diritti” sottolineando la necessità di maggiori garanzie e diritti per tutti i cittadini. Comunque la partecipazione  a un convegno, per quanto animato dalle migliori intenzioni, è una traccia troppo labile per annoverarli tra i sostenitori delle coppie gay.
Di ancora più difficile interpretazione poi, pare il pensiero di Maria Rita Saulle, unica donna tra i quindici, spesso dipinta dalle cronache giornalistiche come una pasionaria dei diritti civili. La giurista ha approfondito la questione in un articolo, pubblicato dalla Rivista di studi politici internazionali nel 2004 che esprime interesse (e blanda simpatia) per in progressi nel campo del Diritto familiare nei paesi europei. Peccato però che la Saulle definisca le coppie di fatto “casi  nei  quali esiste  una  “patologia”,  vale  a  dire  su  casi  che  fuoriescono  dalla  normalità” e sottolinei “l’esigenza impellente di rinsaldare i valori familiari anche attraverso interventi concreti che facilitino  la  vita  degli  sposi  e,  nel  caso  di  famiglie  monoparentali,  la  vita dei singoli, predisponendo la stessa famiglia verso l’accoglimento della vita nascente e, in ogni caso, liberandola dall’egoismo”. Quasi un Angelus papale…
Alfio Finocchiaro, eletto dalla Corte stessa, infine, in una guida al diritto pubblicata nel ’98 da Il Sole 24 Ore faceva intendere che le decisioni sulle convivenze e le coppie di fatto devono essere prese dal parlamento.
Il silenzio impenetrabile degli altri 10 giudici non consente, purtroppo, alcun pronostico della vigilia su una sentenza che, solo nelle ipotesi più semplicistiche e remote, avrà una risposta netta e cioè “matrimonio gay sì” o “matrimonio gay no”. Più probabilmente i togati offriranno un parere molto articolato: “La corte avrà certamente presente i passi compiuti dalle corti straniere e internazionali sulla questione”, spiega Alexander Schuster, degli avvocati della rete Lenford.
“I giudici sanno che la loro decisione farà il giro del mondo e valuteranno la giurisprudenza pregressa, in un momento però di forti pressioni istituzionali in cui il potere giudiziario è sempre sotto l’accusa di invadere il campo legislativo. A mio parere, e a meno di sorprese, i giudici costituzionali decideranno di collocarsi nell’alveo delle altre tradizioni giuridiche a noi vicine. Le parole che utilizzeranno, ovvero la cautela con la quale si muoveranno, sono però difficilmente prevedibili”. Il problema resta: quale sarà il parere “cauto” della Corte?
“Ciò che ci auguriamo veramente – continua Schuster – è l’affermazione che esiste un trattamento discriminatorio per gli omosessuali e che è doverosa l’estensione dei diritti per un pieno riconoscimento della coppia. Insomma speriamo in un invito ai giudici comuni ad estendere i diritti più importanti alle relazione affettiva e un monito al Parlamento a legiferare”
Insomma, dagli addetti ai lavori è attesa una dichiarazione di principio che, da un lato, non inasprisca (troppo) lo scontro in corso tra potere politico e giudiziario, e dall’altro mantenga salda l’imparzialità e l’autonomia dell’organo giudiziario. A meno ovviamente di sorprese, in positivo o in negativo. (pubblicato in “Pride”, n. 128, febbraio 2010. p. 8)

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