Matrimonio gay. La sentenza della Corte Costituzionale commentata dalla Rete Lenford

Francesco Bilotta, avvocato della Rete Lenford e professore universitario di Diritto civile all’università di Trieste, è l’autore dei ricorsi presentati alla Corte Costituzionale a sostegno della legittimità del matrimonio gay. A bocce ferme commentiamo con lui la sentenza della Corte.


Francesco Bilotta, foto: Stefano Bolognini

La Corte costituzionale ha considerato “inammissibile” e “illegittimo” il ricorso per il matrimonio tra persone dello stesso sesso. E’ un “no” al matrimonio gay?
No. La Corte ha detto solo di non avere la competenza per riconoscere il matrimonio gay aggiungendo, con estrema chiarezza, che una normativa sul matrimonio, o sulle unioni civili, non sarebbe incostituzionale. I giudici hanno poi rimandando al Parlamento l’onere di decidere sulla questione.

Dove sta la novità?
Quella sentenza contiene le prime risposte istituzionali favorevoli alle coppie gay. E’ un risultato tangibile e concreto dopo anni di chiacchiere ideologiche. Abbiamo tolto qualsiasi dubbio sulla possibilità di realizzare nel nostro ordinamento il matrimonio gay o istituti giuridici che riconoscano diritti alle coppie dello stesso sesso.

La sentenza contiene anche altre aperture a nostro favore?
Sì, i giudici hanno finalmente riconosciuto il valore delle coppie dello stesso sesso come luoghi nei quali si sviluppa la personalità umana tutelati dalla Costituzione. Di più, e questo è un grande risultato, si è detta pronta ad intervenire nei casi di normative che creino disparità tra famiglia eterosessuale coniugata e coppia gay.  Ancora, la sentenza mette a tacere anche coloro che sostengono che la famiglia naturale è composta da uomo e donna. La Corte è stata chiarissima: la famiglia è sottoposta ai cambiamenti sociali e di costume. Mettiamola così: i giudici hanno offerto al Parlamento tutti i presupposti di serenità per lavorare finalmente sulla materia.

I giudici hanno però ribadito che il matrimonio è da considerarsi tra persone di sesso diverso, come desideravano i padri Costituenti. Suona un poco contraddittorio…
La sentenza è oggettivamente contraddittoria e debole in alcuni passaggi, ma non dice da nessuna parte che il matrimonio è strutturalmente eterosessuale. Quando la sentenza richiama alla tradizione dice che dal sistema normativo attuale si può dedurre che il matrimonio è solo eterosessuale, ma questo è solo un dato storico e di tradizione. La Corte dice che se c’è la volontà si può cambiare e non è la Costituzione ad impedirlo.

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Il richiamo al Parlamento a legiferare, a questo Parlamento, potrebbe comunque rimanere inascoltato?
Su questo ognuno si prenda le sue responsabilità. I giudici hanno detto che il parlamento deve legiferare e credo che su questo i politici abbiano una grande responsabilità. Questa volta a chiedere diritti non sono gay e le lesbiche in perfetta solitudine, è la Corte Costituzionale.

Quali elementi, a tuo parere, hanno pesato su queste aperture della corte?
Fra tanti, credo sopratutto il fattore umano. Abbiamo portato in tribunale delle coppie in carne ed ossa, con i loro problemi, le loro difficoltà e il loro affetto che hanno rivendicato il diritto di ogni cittadino alla parità. La Corte, poi, non si è sentita isolata grazie al vasto movimento di opinione tra i teorici del diritto generato dalla battaglia di affermazione civile, che ha portato ben tre ordinari di cattedra di diritto a sostenere questo ricorso. E poi c’è la realtà europea, a cui si accenna nella sentenza. La corte non ha chiuso gli occhi su una realtà in rapido mutamento.

Continuerete a sostenere ricorsi di coppie gay o a seguire le coppie gay che si presentano in comune a chiedere le pubblicazioni di matrimonio?
Sì, alcune sono ancora in corso, anche se immagino che sarà un poco più difficile. Non escludo però che un giudice domattina decida di fare ricorso alla Corte costituzionale sulla stessa questione che dovrà pronunciarsi un’altra volta.

Quale sarà il futuro della battaglia di affermazione civile?
Non lo so ancora. Siamo ora in una posizione di grande forza che deve tradursi in atti sociali, atti politici e, ancora, giuridici. Qualcuno ha messo in contrapposizione la via politica e quella giuridica per l’ottenimento di diritti. L’una non esclude  l’altra e con questa sentenza i politici che lottano per i nostri diritti ne escono rafforzati.
Quanto alla via giuridica la sentenza fa pensare che si possano effettuare ricorsi su singole discriminazioni o, ad esempio, potremmo appellarci alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Deciderà il da farsi il “Comitato sì lo voglio”, che raccoglie tutte le associazioni che partecipano a questa campagna. Ci tengo a sottolineare che questa è una battaglia di tutti e lo dimostrano i numerosi eterosessuali (soprattutto tra gli avvocati e i giuristi) che ci hanno sostenuto fin qui. Sai che dicono?

Cosa dicono?
Sta andando bene, vincere è solo questione di tempo… (Pubblicato in “Pride”, n. 131 maggio 2010, p. 8)

4 commenti

  1. Pietro Melis

    La CORTE HA VOLUTO DIRE CHE IL MATRIMONIO PUO’ ESISTERE SOLO TRA MASCHIO E FEMMINA SECONDO QUANTO STABILITO DALLA COSTITUZIONE CHE PARLA DI FAMIGLIA NATURALE NON DI UNA COPPIA CHE PRETENDE DI ABOLIRE LA DISTINZIONE TRA IL CULO E LA VAGINA. PERCHE’E’ QUESTA DISTINZIONE CHE VOI SCHIFOSI CHE VI INCULATE VOLETE ABOLIRE NON AVENDO IL CORAGGIO DI DIRE CHE E’ NATURALE PRENDERE IL CAZZO IN CULO QUANDO IL CULO E’ FATTO PER CAGARE E NON PER ALTRO. INCULATEVI PURE MA NON PRETENDETE DI ESSERE NORMALI SCHIFOSI E BASTA. E SULLA BASE DELL’INCULAMENTO VORRESTE ANCHE LA PENSIONE DI REVERSIBILITA’. INCREDIBILE. IO HO IL DIRITTO DI PROVARESCHIFO PER VOI E QUESTO DIRITTO NON ME LO PUO’ TOGLIERE NESSUNO.

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