Come far sparire il milione

Un confronto tra prime pagine, dopo due diverse manifestazioni di segno opposto, Family day e gay pride, mostra una smaccata disparità di trattamento di cattolici e gay (laici) da parte dei mass-media. A sfavore, ovviamente, dei gay.

Roma Pride 2007. Foto Giovanni Dall'Orto-Wikicommons

Il gay pride del 16 giugno scorso a Roma ha superato per partecipazione il Family day, e nessuno l’ha scritto.

Ricordate? Il 12 maggio scorso, a Roma, la “famiglia tradizionale” aveva mostrato i muscoli. Eppure, “I manifestanti di Piazza San Giovanni erano 200mila. È quanto si apprende dalle forze dell’ordine che hanno stimato la partecipazione al Family Day”, così un lancio AGI delle 19:21.

Medesima piazza, poco più di un mese dopo: “Secondo quanto si è appreso da fonti investigative”, riporta Apcom alle 18:55 “sembra che il corteo del Gay Pride 2007, che si è svolto nella Capitale, abbia raggiunto i circa 300mila partecipanti”.

Al di là del balletto delle cifre esatte, resta il fatto che centomila (circa) manifestanti in più (anche in base alle stime al ribasso), fanno qualche differenza, in termini strettamente numerici. Eppure la stampa italiana, fino ad ora, non ha osato proporre questo facile confronto.

Ovviamente, come è d’uso, contrastando le (sotto) stime offerte dalle forze dell’ordine, i portavoce delle due piazze in aperta contrapposizione (cattolici-laici, famiglia tradizionale-nuove famiglie, matrimonio tradizionale-matrimonio gay), sul numero di manifestanti hanno giocato al rialzo.

Savino Pezzotta, portavoce family day, annunciava dal palco: “Oggi in piazza eravamo più di un milione e mezzo di persone”, mentre Aurelio Mancuso, portavoce del gay pride e presidente Arcigay, è stato più modesto: “Siamo un milione”.

Il fatto che centomila persone in meno al family day diventino, per bocca di Pezzotta, mezzo milione in più ha tutto il gusto della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma, lo sappiamo, nelle piazze cattoliche i miracoli possono pure accadere.

Ci sembra più interessante però, come quel “milione”, ribadito dai palchi e lanciato dalle agenzie, sia rimbalzato nelle redazioni per approdare, fresco di stampa, sulle prime pagine dei quotidiani il giorno dopo le manifestazioni.

“La Repubblica” ha scelto un titolo a nove colonne per Il popolo del family day e ha offerto la dignità del sottotitolo al “Siamo più di un milione”. Per il gay pride l’impaginazione è stata esattamente identica, anche se il titolo non è stato dedicato alla manifestazione: “Prodi: brutta aria nel Paese”, e solo nel sottotitolo si può leggere: “Gay pride a Roma: siamo un milione”.

“Il Mattino” ha lanciato il milione in prima pagina per entrambe le manifestazioni, mentre “Il Giorno” (e con lui tutto il gruppo “Quotidiano Nazionale”, a cui appartiene) ha preferito richiamarlo nei sottotitoli. E fino a qui c’è un’apparente par condicio.

Dal “Corriere della sera” in poi, spingendosi via via verso destra, incominciano però i distinguo: titolo a nove colonne per il family day: La piazza del family day: più di un milione; molte colonne in meno (in un box centrale) per il gay pride: Gay pride: siamo un milione: slogan contro Governo e Chiesa.

Sono simili le scelte della redazione di “La stampa”: apertura ai cattolici (Un milione di dico mai) e solo un “titoletto” minuto ai laici: (Sfila il mondo gay, siamo un milione).

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La “Gazzetta del Mezzogiorno” usa il medesimo carattere per entrambe le manifestazioni, ma il family day è evocato a tutta pagina, mentre il pride si merita solo un riquadro.

Su “Il nessaggero” il milione del pride evapora: Family day: Siamo più di un milione; di contro a: Gay pride, l’impegno di tre ministri, ora i dico.

Il “Secolo d’Italia” pubblica il numeretto magico per le famiglie tradizionali, mentre sulle nuove famiglie se la prende senza eleganza con Prodi: Prodi babbeo beccati pure ’sto corteo: niente milione.

Identici, nei toni e nei numeri, i camerati de “Il tempo” mentre (non) sorprende “Libero” che il 13 maggio annunciava: Ha vinto Don Camillo, mentre il 16 giugno dimenticava completamente il pareggio-sorpasso di “Peppone”. Il gay pride è relegato infatti ad un approfondimento all’interno, con un misero richiamo in prima pagina (Lunga vita a tutti i gay, ma ora basta), alla rubrica… “Carnevalate”. (E il “basta” si riferiva ai gay pride, non alle discriminazioni).

“La Padania” azzarda la vena poetica: Family day, oceano in piazza. Un milione e mezzo, mentre sul pride non azzarda nessuna “poesia” e soprattutto nessun numero: Il gay pride a Roma, nuova spaccatura nell’Unione.

È addirittura pessima Confindustria sul suo quotidiano “Il sole 24 ore”: un riquadro centrale con foto e un attacco in grassetto con il numero di manifestanti annuncia il family day, un richiamo basso di tre righe ad un approfondimento all’interno è tutto lo spazio per i laici: In 500mila al gay pride. Saluti di tre ministri.

Un accenno merita prevedibilmente la stampa cattolica con “Avvenire”: foto della piazza stracolma di famiglie tradizionali ed evidentissimo il cenno al “milione e mezzo di manifestanti” (e il miracolo di Pezzotta, in tutta la sua portata, ricompare anche sul “Giornale di Sicilia”). È minuscolo, al contrario, lo spazio dedicato al pride, che precipita a fondo pagina, in 10 righe, con richiamo all’interno: Un gay pride di slogan e polemiche.

“Osservatore romano”, un giornale estero in italiano, è invece distratto dalla Città di Dio e non pubblica nulla delle due manifestazioni.

“Liberazione” e “L’unità”, bontà loro, fanno il giochetto al contrario.

Il primo parla di “gigantesca adunata”, il secondo di “centinaia di migliaia” di cattolici per il family day. Il milione pride, è invece in prima pagina per entrambi i quotidiani.

Impossibile azzardare un confronto di contenuti, vince comunque e sempre sulla stampa la “serietà” di una famiglia tradizionale che non esiste, contro il “colore” dei gay, ancora relegati a fenomeno di costume. Il peso (politico) dei cattolici si sente.

La militanza gay ha denunciato l’evidente disparità di trattamento sui media tra le manifestazioni (che non è legata solo alla prima pagina, ma riguarda anche l’approfondimento nelle pagine interne e lo spazio dedicato dagli altri media, a iniziare dalla televisione) ma nessuno ha considerato degne di menzione le notizie.

Un po’ come l’uso irrealistico dei numeri e la distanza dalla realtà della stampa italiana: non fanno notizia, anche se sono su tutte le prime pagine dei giornali. (pubblicato in “Pride”, n. 98, agosto 2007)

Stefano Bolognini ⋅

1 commento

  1. Bobbie

    ahahah….I brought in about 15 boxes worth of books and was slowly putting them on the shelf. My wife was helping me categorize them fi7#0&#823t;that&s821r;s why they were everywhere. But yeah….it totally looked like someone ransacked the place!!

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