Il mister gay dei telegiornali

Ci siamo calati nell’etere alla ricerca del telegiornale più gay. Ecco, per la prima volta, la classifica.

Regia: foto Intheweb da nl.wikipedia

Orfani di Tiberio Timperi (mezzobusto dal sex appeal indiscutibile, che rendeva appetibile, almeno esteticamente, il Tg4) quale telegiornale dovrebbe scegliere la comunità gay italiana?

In termini meramente quantitativi, quello de La7 che tra il gennaio 2006 e il marzo 2007 ha offerto 30 servizi sull’omosessualità, marcato a vista dal Tg1 con 27 contributi, su un totale di 133 videonotizie che nel periodo considerato parlano esplicitamente dell’universo gay sulle Tv nazionali.

È pessimo invece il Tg4, ultimo classificato, con appena 8 servizi: è attraente soltanto per il carattere evidentemente omoerotico della relazione Fede-Berlusconi in onda, lacrime comprese, quotidianamente.

Male anche la presunta voce “progressista” del Tg3, che non va oltre i 12 servizi, di cui 4 solo per ribadire il pensiero anti-pacs di Sua Santità. Nemmeno Studio Aperto (tanto gossip, una strizzata d’occhio al torbido, animalismo di bassa lega e veline scollacciate) è così parco, con i suoi 16 servizi. E non brillano neppure Tg2 e Tg5, con rispettivamente 18 e 22 servizi.

Nel periodo considerato sono davvero rari, rispetto alla mole di notizie pubblicate dalla carta stampata, i momenti che hanno catalizzato l’attenzione delle telecamere.

I redattori quando raccontano gli omosessuali dimenticano (ossia censurano) “sangue, sesso e soldi” (le tre “esse” architrave di un’informazione che garantirebbe uno share imponente). Il sangue gay è versato in una sola occasione, da Tg1, Tg3 e Studio aperto, con un omocidio a Torino, nel gennaio 2006. Quando però è omosessuale l’omicida (nel caso poco chiaro del baritono ucciso sempre a Torino dal presunto fidanzato del figlio), si destano anche TG5 e La7.

Peccato che nel periodo considerato, la cronaca nera, solo per snocciolare qualche caso fra i numerosi, ha registrato: 5 agosto 2006, incaprettato e soffocato un sessantenne gay; 21 settembre 2006, catturato dopo due anni l’omicida di un omosessuale a Rimini; l’8 febbraio 2007, ucciso un musicista gay (ne ha parlato solo Italia1, omettendo l’omosessualità del jazzista); 21 febbraio 2007, transessuale ucciso a pietrate a Trani…

Ai tg nazionali non interessa poi la sessualità e i soldi: sono relegati ad uno striminzito servizio di “Studio aperto” sulla “sterlina rosa”.

Tolto tutto questo, che cosa resta?

Violenza anti-gay e discriminazione? La violenza carnale di una ragazza lesbica in Versilia e una rissa in un locale gay di Bari trovano spazio su La7 e Studio Aperto, mentre sui pestaggi di gay a Bologna è il Tg3 ad intervenire.

La7 riporta, poi, il caso estemporaneo di un barista che ha vietato l’accesso ai gay al suo locale e Rai 1 rammenta che Rosi Bindi, orrore, è stata apostrofata come lesbica. E questo è tutto.

Tralasciamo un elenco delle discriminazioni ai danni dei gay sfuggite alle Tv nazionali: sarebbe enciclopedico. Sconcerta però quanto per il Tg2 e il Tg4 l’argomento discriminazioni sia tabù, tanto quanto aids e hiv, desaparecidos dalle scalette.

Mette tutti d’accordo una sola notizia: il gay pride.

Di quelli nazionali, a Torino e Gerusalemme, parlano tutti i canali: quello di Roma è seguito da La7 e Tg5; La7, in un altro servizio, si spinge fino a San Paolo del Brasile ed Emilio Fede parla di “una realtà non discutibile”: “la condizione di essere gay è una condizione che non rappresenta la morbosità… bisogna avere rispetto per chi è omosessuale”, sorprendendoci con uno speciale da Londra sui cadetti gay, autorizzati dalla Royal marines a partecipare alla manifestazione.

Resta qualche dubbio.

In un tg è decisiva la collocazione di una notizia e nel caso specifico del gay pride di Torino (150mila manifestanti dichiarati e due ministri in piazza) arriviamo quinti su Canale 5, sesti su Rai2 e al nono posto e oltre (alla fine del telegiornale) su tutte le altre emittenti.

I tempi, poi, sono catastrofici. Il Tg1 ha fretta: 1 minuto e 52 secondi alla manifestazione: lo stesso tempo per le polemiche della destra contro la manifestazione. Par condicio.

Va meglio il Tg2, eguagliato dal Tg5: tre minuti al pride e un “solo” minuto di destre polemiche.

In ordine di eiaculazione precoce poi, record assoluto per La7 (con “ben” 37 secondi), Studio aperto (51 secondi), Tg4 (1 minuto e 35 secondi netti) e Tg3 (un prezioso secondo in più del Tg4). Un buon ritardante sembrerebbe d’obbligo.

Oltre al gay pride, l’attenzione all’omosessualità dei media televisivi è monopolizzata dalle polemiche su unioni civili, pacs e dall’ultimogenito Dico, che come meglio vedremo non riguarda, almeno nei telegiornali, i gay.

Gli altri servizi sull’universo omo sembrano seguire l’illuminazione, solo momentanea, del caporedattore di turno.

Non si spiegano altrimenti i guizzi di Studio Aperto, che parla di gay nel calcio, e la lungimiranza del Tg1 e Tg2 che scoprono, recentemente, la genitorialità gay: il primo negli Usa con Cheney diventato nonno grazie alla figlia lesbica, e il secondo con una coppia di donne spagnole. In Italia però il fenomeno latita.

L’unico accenno culturale lo offre il Tg5, che recensisce il libro sugli amori gay nella storia di Laura Laurenzi (nessuna Tv si accorge che nel 2006 sono usciti due testi epocali su fascismo e omosessualità: Il nemico dell’uomo nuovo e La città e l’isola), e La7, poi, indaga nell’universo dei gay credenti. Sono fuochi di paglia, che non completano l’informazione sull’omosessualità che quotidianamente registra, almeno su carta, una rassegna stampa ampia e variegata.

Guardiamo infine, ai contenuti offerti dai telegiornali con il caso Dico che, solo nel febbraio scorso, è stato coperto con almeno 150 servizi: più di tutti quelli dedicati in oltre un anno all’omosessualità in genere.

Batte tutti sul tempo, giovedì 8 febbraio, Studio Aperto, con 44 secondi, giusto il tempo per segnalare l’approvazione del ddl, il “no” di Mastella, e una Luxuria prontissima: “È un accordo al ribasso”.

Il Tg1 lancia i Dico come prima notizia, sottolineando più volte l’“Addio ai pacs”. Il servizio spiega il ddl e ribadisce con la voce della Bindi: nessuna equiparazione alla “famiglia dell’articolo 29 della Costituzione”, non è un matrimonio omosessuale e nemmeno “un piccolo Pacs”.

La riduzione della portata gay della notizia (anche se non ci piacciono, per lo meno i Dico conterrebbero l’agognato “persone dello stesso sesso”) è appena iniziata.

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Il Tg2, delle 20.30 è articolato e ascolta Franco Grillini, un esponente politico gay, ma affida a un infelice Giuliano Amato la spiegazione del difficoltoso parto governativo: i Dico, per Amato “includono la coppia omosessuale e includono i due anziani rimasti vedovi che hanno paura a stare soli in casa e che vivono insieme così se uno dei due si sente male c’è l’altro che chiama il 118. Anche dello stesso sesso, ma può significare entrambe le cose”.

Dopo qualche notizia sui generis il Tg2 ritorna a bomba sui Dico con ben 59 secondi (la metà di quelli dedicati al servizio precedente) al tanto luciferino quando biblicamente omofobo commento sulla questione della “Commissione Episcopale per la Famiglia e la Vita”. Non è finita qui: un altro minuto è per l’opposizione, adusa a dichiarazioni apocalittiche sull’eclissi della famiglia in caso di (improbabile) approvazione.

Il giorno dopo, e per giorni, si scatenano tutti.

Sarà la prima notizia del Tg5 delle 13, svolta tutta in negativo: il “compromesso non soddisfa tutti e non piace affatto all’opposizione”, no a “questo simil matrimonio” di Mastella, “disapprovazione della Cei”, Paola Binetti promette battaglia per difendere la famiglia, malumori dei laici per Verdi e Rifondazione “il testo è un pasticcio” e “deluse anche le organizzazioni gay”… Tra i soddisfatti per “la pillola meno amara” il cattolico Rutelli, Piero Fassino e Barbara Pollastrini. Le parole “gay” e “omosessuali” compaiono due misere volte in tutto il servizio.

I “gay” scompaiono anche nel Tg1: il ddl riguarderebbe “persone stabilmente conviventi, interesseranno anche fratelli o anche genitori e figli”. Genitori e figli?

Allergico alle parola “gay” o “omosessuali” è anche il Tg3 delle 14:20, che spiega il ddl per i conviventi “anche dello stesso sesso” e per primo annuncia la preoccupazione del Papa.

Tale preoccupazione meriterà servizi esclusivi in tutti i Tg della sera, legati a un dispaccio ad hoc sulle polemiche politiche.

Il Tg1 sentirà ben dodici politici diversi, il Tg3 delle 19 altri tredici politici, il Tg2 undici, il Tg4 cinque. La senatrice cattolica anti-dico Binetti è presente in tutti i telegiornali citati, mentre i parlamentari della militanza gay scompaiono (ma non per loro responsabilità) dall’arena televisiva.

E le preoccupazioni dei gay chi la raccoglie?

Nessuno: gli omosessuali, i rappresentanti dell’associazionismo gay e i rappresentanti politici gay non hanno diritto di replica nei telegiornali italiani, se non sporadicamente: Franco Grillini, nel periodo considerato, è comparso o è stato citato 18 volte, Vladimir Luxuria ben 57 (numerosissime le citazioni in campagna elettorale e per la lite sulla “segregazione urinaria”, ma anche in ameni servizi come “Luxuria torna a cantare”, “sfida Luxuria-Santanchè per le gambe più belle”: tutti targati Studio Aperto), Gian Paolo Silvestri 1 volta sul nodo Afghanistan, Titti De Simone nessuna, Arcigay 4 e il Mario Mieli 1, contro i Dico qualche giorno dopo l’approvazione del ddl.

Che resta? Un ok a La7 per la quantità di servizi messi in onda, un “benino” a Tg2 e Studio Aperto, unici a ricordarsi di citare esponenti della comunità gay nelle burrascose polemiche sui Dico, ed un applauso al Tg1, unico ad accorgersi del fatto che l’amore gay esiste, in un servizio dell’8 dicembre 2006 che racconta la storia di due donne.

Purtroppo non basta. Le pagelle su informazione televisiva e omosessualità sono inequivocabili: tutti bocciati.

La ricerca

I dati qui presentati sono il frutto di una ricerca per parole chiave (omosessuale, omosessualità, omosessuali, gay, grillini, luxuria, pacs, dico, gay pride, arcigay, silvestri, de simone) sul sito http://news.centrodiascolto.it, che rende disponibili i servizi dei principali Tg nazionali di maggior ascolto (ma non i tg brevi, quelli della notte, e le rassegne stampa) nel periodo che va dal gennaio 2006 al marzo 2007.

Non è stata possibile un’analisi dei telegiornali regionali e di quelli in onda sui canali satellitari.

È possibile che, per la sensibilità del motore di ricerca, qualche servizio ci sia sfuggito.

Nel conteggio dei servizi relativi all’omosessualità ho omesso i dico, una eccezione nel panorama informativo per quantità di contributi mandati in onda e per le modalità con cui la notizia è stata diffusa.

Una informazione senza gay

Perchè è così scarso lo spazio nei Tg per gli omosessuali?

Ci aiuta a trovare una risposta l’ottimo Queer tv, omosessualità e trasgressione nella televisione italiana, dei giovanissimi Andrea Jelardi e Giordano Bassetti per Fabio Croce editore.

Il testo, fresco di stampa, ripercorre i primi cinquant’anni di televisione italiana, offrendo una miniera di indizi, chicche e storie dimenticate sulla lentissimo e difficoltoso cammino dell’omosessualità sugli schermi televisivi italiani.

Si parte dai primi anni cinquanta, “in una Rai austera e morigerata”, con le Norme di autodisciplina per le trasmissioni televisive di un dirigente che estromette l’omosessuale Filogamo dalla conduzione di San Remo, per passare ad un’altra estromissione illustre, quella di Paolo Poli, e a mal sopportate trasgressioni americane con Don Lurio.

La strada è irta di omofobia. Qualche film, con le gag di Totò ed altri attori en travestì, in un lentissimo cammino che dalle Sorelle Bandiera a Platinette sembrerebbe ancora preferire la macchietta.

Oggi qualche passo in avanti, anche molto lungo, almeno nell’ambito dell’intrattenimento è compiuto se pensiamo (solo per addurre qualche esempio dal testo vera e propria miniera di informazioni), a Fabio Canino e il suo Cronache marziane, a Markette, ai serial americani come Will e Grace o a Il padre delle spose di Banfi.

Sulla televisione italiana, però, sembra permanere l’ombra cupa di una diversità mal sopportata, se non insopportabile.

Così i telegiornali di oggi, a differenza della tv europea e mondiale, sono solo figli di quella televisione che solo l’altro ieri, nel 1994, dopo un’apparizione a San Remo faceva scomparire dagli schermi il cantante Federico Salvatore, reo di aver musicato, con lo splendido Sulla porta ì, un coming out dal sacro palco dell’Ariston.

Queer tv finalmente socchiude una finestra su un mondo totalmente inesplorato dalla saggistica, e che ha ancora molto da raccontare ed imparare. (pubblicato in “Pride”, n 94, aprile 2007)

Stefano Bolognini ⋅

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