Invisibili di ritorno

Google non perdona e digitare il proprio nome e cognome sul motore di ricerca può riservare sorprese come quella di ritrovasi accostati al fior fiore dei media gay on-line. Naturalmente c’è chi protesta e chiede di essere cancellato dall’archivio dei vari siti. Una mini-inchiesta.

Un breve commento irritato a un articolo omofobo, la firma a una petizione on-line a favore del matrimonio gay e persino la partecipazione ad un torneo di sport gay sono quel tanto che basta per lasciare in internet qualche indizio sul nostro orientamento. Gli indizi poi, possono diventare davvero consistenti se confrontati con Facebook, sito che rende pubbliche le nostre frequentazioni o con gli archivi on line di giornali e riviste rendendoci completamente visibili.

Per questo si stanno moltiplicando la richieste più o meno gentili (sino a minacciose lettere di avvocati) alle redazione di media gay e non di cancellare il nome e cognome fino ad intere pagina web in vicende che tra il diritto alla privacy e il diritto all’oblio insieme alla censura della rete stanno creando un ampio dibattito. Ma vediamo chi e perché chiede la cancellazione.

“Il caso più recente”, spiega Daniele Nardini, responsabile contenuti di Gay.it “è quello di un politico gay che qualche anno fa si candidò in Alleanza nazionale e chiese insistentemente una intervista salvo poi, dopo qualche anno chiederne la rimozione immediata perché aveva cambiato lavoro e la situazione nel centro-destra è mutata. Anche un attore gay che aveva fatto un lungometraggio indipendente insistette molto per essere intervistato ma poi per motivi familiari ci ha chiesto di levare il nome dal pezzo. Molti si pentono della visibilità pubblica a distanza di anni e riceviamo numerose richieste di cancellazione”.

Stesso clima a Gay.tv dove il direttore Giuliano Federico rileva: “Accade che ci chiedano di essere cancellati soprattutto per commenti lasciati con nome e cognome e che poi ritrovano su google. Peccato che alle volte il web crei cortocircuiti curiosi o surreali. Un tizio etero, qualche tempo fa, ci chiamò perché sul motore di ricerca il suo nome e cognome era accostato ad un nostro articolo di cinema che casualmente, il cognome di un attore citato più il titolo dell’articolo, richiamava esattamente il suo nominativo. Era molto scocciato ma gli spiegammo che non si poteva fare nulla esattamente come nei numerosi casi di eterosessuali omonimi di omosessuali che ci scrivono infastiditi che il loro nome sia accostato un sito a contenuto gay”.

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Anche Daniel Casagrande, della redazione di Gaynews.it, si è visto recapitare una richiesta da “una regista lesbica che aveva partecipato a Gender bender con un video anticlericale ci ha chiesto di cancellare dal sito il programma di sala perché ora non era più lesbica e lavorava per dei cattolici o quella di un direttore gay di un canale di Sky che avevamo ospitato ad una rassegna cinema che voleva essere tolto da un articolo che lo inseriva tra gli invitati alla rassegna pubblicato da cinemagay.it. Peccato che io non curi quel sito…”.

Le politica delle redazioni è quelle di dare seguito alle richieste. A Gay.it si cerca “di usare la sensibilità: per problemi reali, e articoli molto vecchi, noi cancelliamo, ma non sempre. Non abbiamo cancellato, ad esempio, un articolo su di un caso di prostituzione maschile nel quale era coinvolto un alto prelato che ci aveva fatto inviare dal proprio avvocato minacce di querela. La fonte era stata Corriere.it e nello specifico prevaleva il diritto di cronaca”, spiega Nardini. Anche Gay.tv valuta “caso per caso anche se alcuni ci fanno arrabbiare soprattutto per il tono che usano nel richiedere la cancellazione. Uno tizio firmò un commento nome e cognome e poi ci fece mandare una lettera di un avvocato. Potevamo dimostrare che l’autore fosse lui e non mollai e alla fine desistette. Nel tempo però i lettori hanno imparato ad usare sul web pseudonimi ed è una buona norma per chi vuol essere invisibile”.

La cancellazione del proprio nome dai commenti sul web, “è legittima e giusta e tutti questi casi sono tutelati, a mio parere, dal codice per la protezione dei dati personali che protegge l’identità personale, ossia l’immagine sociale e per questo molti siti hanno informativa sulla privacy. Ogni individuo, se la notizia che lo riguarda non è di pubblico interesse, ha il diritto di ottenere la cancellazione o la rettifica di contenuti che considerare lesivi alla sua immagine attuale e fanno bene i siti a cancellare quei contenuti”, spiega l’avvocato Francesco Bilotta.

Le richieste di cancellazione però assumono spesso la forma di vere e proprie forma di censura. Il Garante per la privacy, nel 2009, ha giudicato la richiesta di “blocco e la cancellazione dei dati personali” da un articolo pubblicato dal sito Corriere.it di una persona che era incorsa in qualche guaio con la giustizia nel 2001.
Nel caso specifico le notizie riferite erano “relative a fatti veri e di interesse pubblico” e il Garante ha ritenuto inammissibile la richiesta. Se per i commenti quindi è doverosa la cancellazione resta il grosso problema delle notizie di interesse pubblico e i media si stanno muovendo per una proposta di legge di protezione degli archivi on-line per evitare scenari da 1984 di George Orwell di censura di informazioni e riscrittura della storia.

Quanto ai gay cancellati attestano, ancora una volta, tutta l’arretratezza di un paese in cui molti rinunciano al coraggio delle proprie idee e alla trasparenza della propria esistenza per paura della visibilità, altri sono bizzarramente infastiditi per omonimie che li avvicinano all’omosessualità, mentre alcuni si pentono esattamente dei propri commenti gay, firmati nome e cognome, che probabilmente non hanno tutto quel valore che gli è attribuito. (Pubblicato in “Pride”, n. 135, settembre 2010)

Stefano Bolognini ⋅

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