La sentenza è: Si ai Pacs

Unione europea, statuti regionali che prevedono garanzie alle coppie, registri simbolici in decine di comuni, ed ora anche la Magistratura: il sì alle unioni civili e ai diritti ai gay è unanime. I politici italiani sono ormai alle strette.

Giovanni Paolmbarini, avvocato generale di cassazione, alla manifestazione "Tutti in Pacs" del 2006. Foto Stefano Bolognini

“Quella lacuna legislativa va colmata”. Sono tutti d’accordo i professori di diritto chiamati alla camera dei deputati a valutare la proposta di legge sul pacs, presentata dall’on. Franco Grillini ed altri nella scorsa legislatura. Ed è ancora un magistrato, Amedeo Santosusso, ad aver sostenuto che “l’articolo 29” [che tutela il matrimonio, NdR] “non può essere interpretato come una norma che esclude che lo Stato possa regolare altre forme di unione”, esemplificando così le aperture, ignorate dalla stampa nazionale, dei magistrati verso i diritti dei conviventi. Aperture che costituiscono una delle più interessanti novità nel dibattito sui diritti civili in corso nel nostro Paese.

Padre nobile di quella che chiameremo “magistratura friendly” (un gruppo che vanta affiliazioni eccellenti) è il magistrato Giovanni Palombarini, avvocato generale della cassazione, presente alla manifestazione Tutti in pacs di Arcigay il 14 gennaio scorso.

Richiamato all’ordine dall’ex ministro per la Giustizia, il leghista Roberto Castelli, che avrebbe voluto impedirne la presenza, il magistrato si è visto difendere dall’Associazione Nazionale Magistrati. Gli espressero piena solidarietà, insieme alla volontà di essere al suo fianco in piazza, anche i vertici di “Magistratura democratica” (un gruppo di toghe della corrente di “sinistra”) Franco Ippolito e Ignazio Patrono, entrambi della corte di cassazione.

Vicina alle coppie di fatto anche l’associazione “Persona e danno”, nata su iniziativa di oltre centoventi giuristi, magistrati, avvocati, studiosi, per rafforzare la tutela dei diritti fondamentali della persona. In una nota dell’aprile scorso “Persona e danno” affermava: “Sono giuridicamente infondate le argomentazioni costituzionali avanzate da coloro che ritengono non possibile la tutela giuridica dei diritti dei conviventi. Infatti secondo l’articolo 29, la famiglia è una realtà sociale che preesiste al matrimonio. Pertanto, richiamare detta norma quale ostacolo per il riconoscimento delle convivenze al di fuori del matrimonio è un grave errore interpretativo anche alla luce delle pronunce della corte costituzionale’’.

E proprio la suprema corte ha ribadito più volte (richiamandosi alle “formazioni sociali” garantite e riconosciute dall’articolo 2 della costituzione), il valore della famiglia di fatto (ad esempio nella sentenza 166 del 1998) insistendo sulla necessità di trovare nuovi strumenti di tutela giuridica per le convivenze.

Anche ai gradi inferiori la magistratura ha riconosciuto il valore delle convivenze. La corte di cassazione, ad esempio, nel gennaio scorso (sentenza 05.01.2006, n. 109), chiamata a decidere se un detenuto (che prima dell’arresto conviveva con una donna) avesse o meno diritto ad essere ammesso al gratuito patrocinio, ha riconosciuto valenza giuridica alla convivenza, intesa come “relazione interpersonale che presenti carattere di tendenziale stabilità e natura affettiva”, in virtù della “significativa evoluzione sociale” dei costumi. E il pronunciamento non è unico, tanto che già nel 1994 (con la sentenza n. 2988/94) la corte aveva riconosciuto il risarcimento dei danni morali e patrimoniali al convivente (eterosessuale) in caso di uccisione del partner.

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“I pronunciamenti della corte costituzione e della corte di cassazione“, dichiara in proposito Antonio Rotelli, responsabile giuridico di Arcigay, “pur riguardando coppie eterosessuali, stabiliscono un principio e cioè che il fenomeno è troppo esteso per essere ignorato, ed ancora, che l’affettività ha un valore giuridico. In qualche modo la magistratura offre una risposta al tentativo di politica e chiesa di negare valore e legittimità alle unioni non matrimoniali”.

Ciò detto, va aggiunto che sull’omosessualità la giurisprudenza è per ora, purtroppo, scarsa.

Sono intervenuti, più volte, i giudici di pace, garantendo il permesso di soggiorno a quegli omosessuali discriminati nel loro paese d’origine e, ad esempio, un’ordinanza del 19 novembre 1993 della prima corte d’assise di Torino ha stabilito che un convivente di una coppia gay aveva diritto a non testimoniare contro il proprio partner perché: “sotto il profilo della natura del rapporto e della stabilità dello stesso gli elementi acquisiti fanno concludere in termini positivi, giacché il rapporto vi è rappresentato come di tipo affettivo”. Ma oltre a questo, poco altro.

Ciò nonostante, il riconoscimento esplicito del fatto che le coppie dif atto necessitano di diritti, e non di interpretazioni estensive della legge già esistente, aggiunge la Magistratura a quei poteri che insistono perché i politici, persi in un sordo pantano neo-democristiano, prendano finalmente atto della “significativa evoluzione sociale” che viviamo anche nel nostro Paese.

SCHEDA

L’articolo 2 della Costituzione
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

L’articolo 29 della Costituzione
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare. (Pubblicato originariamente in “Pride”, n. 83, maggio 2006 con il titolo La sentenza è: Si ai Pacs)

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