Palermo ricorda Toni e Giorgio, uccisi dall’omofobia nel 1980

Ci sono voluti esattamente trent’anni per riportare all’attenzione pubblica, con una commemorazione ed una fiaccolata organizzata da Arcigay a Giarre il 16 giugno scorso, l’omicidio di una coppia di giovanissimi, Antonio Galatola e Giorgio Agatino Giammona.

Ci sono voluti esattamente trent’anni per riportare all’attenzione pubblica, con una commemorazione ed una fiaccolata organizzata da Arcigay a Giarre il 16 giugno scorso, l’omicidio di una coppia di giovanissimi, Antonio Galatola e Giorgio Agatino Giammona.
L’1 novembre 1980 i corpi dei due vengono ritrovati in un agrumeto disfatti dalla putrefazione, due fori di proiettile alla tempia. Le indagini procedono su due binari: omicidio o doppio suicidio.
Il caso sarà chiuso, a pochi giorni dalla scoperta dei cadaveri, con rapidità inaudita. “E’ stato Francesco”, dichiarerà il pretore Antonio Assennato sfoggiando un colpevole dodicenne e quindi non imputabile per la giovane età. Francesco, nipote di Antonio, avrebbe confessato di aver sparato ai due gay perché minacciato: “O ci spari tu o spariamo a te”. Questa però, è solo una delle versioni dei fatti: “Ai carabinieri – è ancora il ragazzino che parla – ho detto bugie, perché loro mi minacciavano. Dicevano: se non parli arrestiamo tuo nonno”.
Questa verità insoddisfacente e del tutto parziale (rilevata anche da alcuni cronisti dell’epoca) scatenerà l’ira degli omosessuali.
Sotto gli occhi di tutto il Paese c’era il più classico dei delitti d’onore coperto, in perfetto stile mafioso, da un ragazzino non imputabile ed il disonore di avere in famiglia un figlio “puppo”, così sono chiamati volgarmente in quella zona della Sicilia gli omosessuali, era stato lavato con il sangue.
L’orrore per quelle morti, insieme alla rabbia per la parziale verità raccontata ed accettata troppo frettolosamente dai media, promosse la fondazione, a Palermo, del primo circolo di Arci-gay, che, di lì a breve, sarebbe diventata la maggior associazione gay italiana.
Nel 1981 una dozzina di militanti osò una prima commemorazione di Giorgio e Toni a Giarre tra le polemiche: “Partimmo con un pullman di Palermo, ma a Giarre nessuno ci voleva, nessuno voleva che si ricordassero quelle morti”, ricorda Franco Lo Vecchio, che era tra loro . Perché?
Lo spiega perfettamente una dichiarazione rilasciata dal pretore Assennato nel corso delle indagini: “Ci sono leggi di natura e non si può pretendere che sia naturale ciò che naturale non è. Insomma, che cosa si vuole, che si dia loro un premio? O che si facciano le cose che fanno loro per non farli sentire isolati? No, Giarre non li ha uccisi. Certo ora c’è da salvare il buon nome della città”. Dopo 30 anni Arcigay ha ottenuto la presenza delle istituzioni locali alla commemorazione. Ma Toni e Giorgio, purtroppo, non torneranno più a tenersi mano nella mano. (pubblicato in “Il Manifesto”, 25 giugno 2010, p.3)

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