WorldPride Roma 2000, cronaca di una grande vittoria

Trionfa il Worldpride 2000 a Roma. Più di 500 mila persone si sono date appuntamento nella città giubilare per dire basta all’omofobia e alla discriminazione gay. Ecco la cronaca dell’evento.

World Pride Roma 2000 (Foto Wikicommons-Stefano Bolognini)

World Pride Roma 2000 (Foto Wikicommons-Stefano Bolognini)

8 luglio 2000: il giorno del giudizio, dopo mesi di polemiche per il pride giubilare. Già alle quattordici e trenta, l’appuntamento con il WorldPride di Roma 2000 da un colpo d’occhio che fa gridare al trionfo.

Una marea di gente multicolore attende in pizza il via ed è impossibile quanrificare i manifestanti: Avvenire parla di settantamila persone, gli organizzatori di un milione mentre i cronisti sostengono che in piazza ci sono più di duecentocinquantamila persone. La folla è comunque oceanica e contro ogni previsione gay, lesbiche, bisessuali, transgender ed etero hanno risposto al richiamo di orgoglio e visibilità gay e attendono sotto un sole cocente il via.

Sulle teste sventolano miriadi di bandiere arcobaleno, mischiate a quelle di gruppi politici e accompagnate da ghirlande sgargianti e palloncini multicolori. Dai numerosi carri si diffonde musica a tutto volume in una cacofonia di tecno, rock e pop, tra hits dei Village People e Gloria Gaynor mescolano  a Caterina Caselli e la sua «Nessuno mi può giudicare», inno dell’evento.

Sulla folla svettano decine di cartelli che sfogano la rabbia gay. C’è il canzonatorio «Giubileo marameo» e l’immancabile «Dio e gay» vergato in tutte le lingue. La polemica è tutta  concentrata sull’atteggiamento omofobo della Chiesa cattolica e l’atteggiamento prono dei politci italiani: «Odio e discriminazione non possono essere valori cristiani», «Rutelli gesuita» e, ancora, «Rendiamo grazie al chierichetto Amato». Degni di nota, poi, una «Mamma orgolgiosa» e una giovane con uno «Scusatemi se sono etero» insieme ad uno speranzoso e veritiero «Stiamo cambiando il mondo».

Alle 15 e 42 si parte. Apre il corteo un folto gruppo di centauri giunti da tutta Italia e dall’estero «per solidarizzare con i gay», ci dicono tra una sgasata e l’altra. E sono una pacchia per gli amanti del genere…

In prima fila c’è il circolo di cultura omosessuale «Mario Mieli», che ha organizzato la manifestazione e che apre con un carro piscina-schiuma-party dove due muscolosissimi boys sguazzavano tra gli occhi ammirati del pubblico. Alle spalle dello striscione di apertura la presidente dell’associazione Imma Battaglia insieme alle autorità. C’è Luigi Manconi dei Verdi sostenitore, da sempre, delle battaglie gay, il ministro Katia Belillo in rosa, Walter Veltroni, che si accontenta di una brevissima toccata e fuga strumentale all’effetto pubblicità che qualche centinaio di metri di pride gli può offrire, Franco Grillini e tanti, tantissimi, altri.

Subito dietro c’è il tripudio accaldato e incontenibile dei manifestanti. Sono ovunque, tutti orgogliosi e tutti visibili, almeno, oggi.

Un metro alla volta Roma è conquistata e il corteo confluisce in via Piramide Cestia un viale alberato che offrive finalmente un poco di frescura ai manifestanti.

Sullo sfondo c’è un poco di nervosismo con Vittorio Sgarbi che raggiunge un carro di transessuali, dopo aver attaccato l’altalenante sinistra italiana sui diritti gay, ed è bersagliato da fischi e sputi e, peggio, uno stupido lancio di melanzane e pomodori ai poliziotti. A loro le scuse  e il ringraziamento di Imma Battaglia nei discorsi di rito finali.

Mentre la testa del corteo lambisce il Colosseo incontriamo divese delegazioni di  omosessuali stranieri, pochi per la verità, ma ben rappresentati. Biondissimi svedesi procedevano reggendo una bandiera pride (e un cartello che pubblicizza la mostra di fotografie della loro connazionale Elisabeth Ohlson, a Roma in questi giorni) lanciando sorrisi maliziosi agli italiani e un gruppetto di norvegesi che improvvisava un ballo tipico esclusivamente tra omo, tra gli applausi della folla. Ci sono pure lesbiche danesi a seno nudo, e i maschi-romano tipo, che assistono dai marciapide al passaggio della marcia, approvano.

Your ads will be inserted here by

Easy AdSense.

Please go to the plugin admin page to
Paste your ad code OR
Suppress this ad slot.

Non mancano le «Streghe, eretiche lesbiche», la «Gay and Lesbian Human Right Association», i gruppi  di gay cattolici,  i Leather Club, un’intera banda di fiati e un Robinson Crosué con un pappagallo bianco sulle spalla, in estremo ritardo sul Carnevale. C’è davvero un posto per tutti, persino per preti e suore, almeno travestiti.

I transessuali sfilano con  tulle, lamé, lustrini nei pressi di un carro e sotto lo sguardo materno di Deborah Lambillotte che dispensa baci alla folla.

I genitori di gay dell’Agedo dominano la scena dal piano alto di un pullman stile inglese e con un cartello sin rivolgono direttamente a Giovanni Paolo II: «Abbassi lo sguardo sua Sanità sono arrivate le mamme e i papà».

Ora è impossibile procedere tanto la via è affollata. Anche i carri sono pazientemente fermi o quasi.. Quello dei centri sociali è tutto un miscuglio di corpi danzanti, una sorta di paradiso giubilante tra le nebbie dei fumogeni lilla ed effluvi di hashish. Il grido unanime, nella danza, è  “Liberi tutti” e “Laico Stato niente concordato”. Tre ballerini instancabili animano il carro promozionale del sito www.gay.it mentre Arcigay Il Cassero di bologna, con un camion addobbato a mo’ di Porta Saragozza (la sede ufficiale del circolo) lancia un apioggia di volantini rosa sulla folla. Su di un pick-up infine, bicipiti in bella mostra, troneggia mister leather Italia abbracciato ad un anziano abbigliato allo stesso modo: borchie, cuoio nero, cinghie e… sorrisi.

Quando la testa della manifestazione aveva doppiato il Colosseo e torna verso il Circo Massimo la coda del corteo incrocia la testa, e tutto si ferma irrimediabilmente. Non si va ne avanti ne indietro e il corteo del WolPride è diventato ormai un enorme sit-in tanta è la partecipazione.

Solo alle venti, e calato il solleone, riusciremo ad discorsi ufficiali dal palco del pride. Sono applauditissimi Imma Battaglia, Fausto Bertinotti e don Vitalino Della Sala che attacca ferocemente la Chiesa cattolica: «Oggi il colletto che porto al collo mi pesa».

Alla spicciolata il popolo festoso cominciava ad andarsene. Il trucco ha bisogno di un ritoccata per la festa finale a Tor di Valle. Il costo del biglietto, proibitivo per chi si era sobbarcato l’onere del viaggio da lontano, insieme alla defezione di Gloria Gaynor e alla stanchezza frena molti entusiasmi festaioli.

Sul palco Grace Jones propone la sua graffiante «Vie en Rose» e offre «baci sul culo e sulla pussy» a tutti. Qualcuno afferma che è almeno ubriaca. Poco dopo il palco è per Asia Argento e Valadimir Luxuria e, ancora, per l’ex Spice Girl Geri Halliwell che dice di amare tutti.

Ma è l’ora di Imma Battaglia che raggiante grida al cielo romano il nostro «Abbiamo vinto». E’ un urlo interminabile che mette  i brividi. E’ la tesnione che si sfoga, è la relizzazione di un sogno.

L’indomani è purtroppo un brutto giorno per chi sperava fosse diverso.

Giornali e telegiornali usano toni sobri nel descrivere la manifestazione, ma l’intervento di Giovanni Paolo II, direttamente dalla finestra con vista su Piazza San Pietro muta radicalmente il clima. Il vecchio vestito di bianco si amareggiato per l’infausto l’evento che avrebbe leso la sacralità di Roma. Evidentemente il laico schiaffo gay del WoldPride lo deve avere colpito sonoramente. Il rantolo papale riaccende le solite pelose polemiche.

Ma chi ha vinto allora a Roma?  (Pubblicato in “Babilonia” con il titolo “Il successo di un giorno”, settembre 2000. L’articolo in questa sede è stato rivisto e corretto anche perchè la titolazione, e i pesanti interventi redazionali  sul testo, non era stati concordati)

Stefano Bolognini ⋅

Commenta

  • (will not be published)