I 300 mila del Genova pride 2009

Un momento del Genova Pride 2009 (foto: Stefano Bolognini - wikicommons)

“Siamo oltre 200 mila”, è entusiasto Alberto Villa, portavoce del Genova Pride, intercettato fortunosamente alla testa di un corteo che non ha più né capo né una coda e che sta ancora sfilando per le vie della città: “Tutta Genova è al corteo, non si capisce più nulla, dove incomincia e dove finisce la manifestazione? Il Pride è addirittura partito prima per la massa di gente enorme, e ha percorso solo un quarto del percorso”.  Per la questura siamo solo 30 mila obiettiamo. “Sicuramente non sono qui in corteo”, conclude Villa.

Ed in effetti è un Pride che, a vista d’occhio, va al di là delle più rosse aspettative: Genova, città timida, diffidente rispetto alle manifestazioni, ha vinto la sua scommessa tanto che Vladimir Luxuria, qui in testa, persa nella folla, la definisce “città dei diritti”.

Eppure il Comitato promotore del Genova Pride, gruppo di associazioni che hanno organizzato l’evento, non ha avuto vita facile nei nove mesi di intensa attività che hanno preceduto la marcia dell’orgoglio gay, con pochi mezzi e sfiancato da polemiche quasi quotidiane: quella con il cardinale Angelo Bagnasco della città, polemiche per lo spostamento di data della manifestazione che in un primo momento era in contemporanea con la manifestazione del corpus domini, polemiche per la prossimità di un asilo alla sede offerta dal comune ad Arcigay Genova, polemiche pretestuose sul logo, la lanterna simbolo della città che la destra non avrebbe voluto e che gruppi lesbici trovavano fallocentrico.

La città ha risposto, il colpo d’occhio è di quelli che lasciano senza fiato: bandiere, associazioni, slogan, coppie, famiglie con bambini… per metri camminiamo circondati da eterosessuali, sono migliaia.

Tre donne ultrassessantenni genovesi osservano il corteo divertite e commentano “chi ce l’ha con voi dovrebbe finirla, non c sono parole, devono garantirvi diritti”. Al coro si unisce la mamma di un omosessuale di Piacenza. E’ sorpresa: “è il mio primo pride, quante persone normali!” mentre il figlio ventenne ci sussurra “E’ strano un  gay pride con mamma faccio finta di non guardare i ragazzi, solo che è impossibile non vederli”. Una coppia di orsetti con maglietta “voglio sposare lui”.L’entusiasmo è molto, gli eterosessuali sono in piazza a migliaia e dal corteo si alza la vice di Don Gallo, prete degli ultimi cacciato dalle gerarchie chiede amore e rispetto per tutti i diversi.

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Alla vastità della folla fa da contraltae l’estrema timidezza dell’universo politico: nessun leader nazionale di partito è presente alla manifestazione.

C’è Marta Vincenzi, sindaco della città, ma è sena fascia tricolore è qui a titolo personale. Alla spicciolata compaiono gli altri membri una delegazione del Partito democratico, timida nel frastuono di 22 carri. C’è Roberta Pinotti, Annamaria Parente e Jean Leonard Touadi e l’onorevole lesbica Anna Paola Concia. Ci sono i neolellti esponenti locali, i bolognesi Sergio Lo Giudice, ex presidente di Arcigay e il giovanissimo Matteo Cavalieri

C’è anche un po’ di Pdl, con Benedetto della Vedova, onorevole radicale che chiacchiera con i giornalisti: “E’ necessario rilanciare i Didoré”.

Il Pride incassa anche una importante apertura da centro destra. Il Ministro della difesa Ignazio La Russa si dice favorevole a tutele individuali per gli omosessuali. Mentre scrivo, siamo lontani dalla fine del corteo e non è possibile anticipare i discorsi dei leader di movimento. Passa una ambulanza che a stento si fa strada tra la folla. Giunge rapida la voce, impossibile da verificare, che alcuni paramedici a metà corteo stanno rianimando una ragazza.

E’ troppo presto quindi per qualsiasi bilancio o commento.

L’unico dato, mentre il corteo prosegue, si ferma, è che la comunità ha risposto confermando massicciamente la sua presenza anche a Genova. Genova ha avuto il suo Pride, si è immersa nella visibilità, ha fatto i conti con la comunità gay ed il bilancio è positivo, noi ci auguriamo che, mentre il, corteo si blocca per l’ennesima volta, che in coda non sia successo nulla di grave e che continui la festa. (pubblicato originariamente in “Gay.it”, giugno 2009 e scritto lungo il percorso del corteo)

Stefano Bolognini ⋅

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