Matrimoni gay all’estero e confusione legislativa

Sposati all’estero e celibi in Italia, è il caso di molte famiglie gay italiane che contraggono in altri paesi un matrimonio che da noi non è considerato valido.

Foto: Jeff belmonte-wikicommons

“Ja”, è il “sì” olandese con il quale Pierangelo Bucci e Jaco Rozendaal coronavano, nel 2003, il loro sogno d’amore al municipio di Rotterdam con il più classico dei matrimoni gay, testimoni, regali di nozze e luna di miele tra Italia, Austra e Slovenia. Come loro decine di famiglie gay, in coppie miste (un partner italiano e uno straniero)  e non, si rivolgono all’estero per ufficializzare la loro unione.

Antonio Rotelli, della rete Lenford gli avvocati per i diritti gay ed ex responsabile giuridico di Arcigay, è un’autorità nel campo: “Ho perso il conto delle coppie che ho assistito. Dal 2005 saranno state almeno una trentina, si sono sposati sopratutto in Spagna, ma anche Olanda ed Inghilterra, mentre una coppia ha preferito il Pacs in Francia. Rete Lenford ne sta seguendo, al momento, una decina. Ormai è un lavoro di routine e arriva almeno una richiesta al mese. Le coppie poi spariscono, c’è chi si trasferisce definitivamente, come un’imprenditrice che ha chiuso la ditta in Italia per trasferirla in Spagna, mentre numerose coppie di italiani, se ne tornano a casa con l’anello al dito e i documenti che presto dimenticheranno in fondo ad un cassetto. Per loro è il coronamento simbolico di un sogno, quei matrimoni non hanno alcun valore legale nel nostro paese”.

All’estero la famiglia Bucci-Rozendal viveva serenamente la condizione di coniugio: “In Olanda il matrimonio gay è un fatto acquisito, non è niente di nuovo sotto il sole. Facevamo la nostra vita esattamente come ogni altro cittadino, stessa dignità, medesimi diritti e identici doveri”, ci racconta Pierangelo.

La coppia, immediatamente poco dopo il “sì”, chiese la registrazione (trascrizione) all’anagrafe italiana del matrimonio in modo che avesse valore legale in entrambi i paesi di origine dei due mariti.

Il consolato olandese spedì la documentazione matrimoniale all’Albo degli italiani residenti all’estero del Comune di Viterbo, allora comune di residenza di Bucci, che rispose nel luglio 2005: “Gentile singor Bucci, le restituiamo con la presente l’atto di matrimonio, senza provvedimenti in quanto non trascrivibile ai sensi dell’art.18 del d.p.r 396/2000 come fatto presente dal Comune di Viterbo a seguito del parere della Procura della Repubblica presso il tribunale di Viterbo”. Traduzione: per non turbare l’ordine pubblico, è il motivo sempre accampato in questi casi, il vostro matrimonio gay in Italia non è riconoscibile.

Sconsigliati dal portare il caso in tribunale da Sergio Lo Giudice, allora presidente di Arcigay e testimone di nozze, perché rischiavamo di perdere la causa e creare un precedente giuridico negativo che avrebbe sbarrato la strada ad una legge per le unioni gay, spiega Pierangelo, ai due non restava che starsene in Olanda e godere dei diritti e doveri reciproci con un  mutuo ipotecario vantaggioso (“che calcolava il reddito complessivo della famiglia”) sulla casa acquistata insieme e le fotografe del matrimonio sulla scrivania, in ufficio.

Dopo 7 anni di matrimonio la famiglia decide, complice una vantaggiosa offerta lavorativa a Bucci, di trasferirsi in Italia. Le conseguenze?

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Surreali: i  Bucci  Rozendaal, come le altre decine di gay italiani coniugati all’estero, vivono un ossimoro, e cioè sono mariti celibi, una assoluta novità nel panorama matrimonialistico italiano. Il loro caso esemplifica perfettamente l’incredibile confusione legislativa che sta creando in Europa, e nel Mondo, il matrimoni gay.

“Con il trasferimento in Italia abbiamo perso tutti i diritti che avevamo in Olanda, tutti”, spiega Pierangelo. “Hanno incominciato subito con il negare a mio marito la residenza perché non aveva un contratto lavorativo. Abbiamo fatto presente al Comune di Monza, dove ci siamo trasferiti, che eravamo regolarmente sposati, che Jaco è un cittadino comunitario e che avrei garantito personalmente del mantenimento di mio marito, ci mancherebbe altro, ma non c’è stato nulla da fare. Altro che libertà di circolazione per i cittadini comunitari. Fortunatamente dopo pochi mesi ha trovato un lavoro e siamo riusciti ad ottenere la residenza”. Jaco prima dell’ottenimento della residenza non aveva accesso all’assistenza sanitaria italiana (quella Olandese è privata) e per fortuna gode di ottima salute. Al contrario, non appena Pierangelo mette un alluce in territorio olandese la copertura sanitaria gli è dovuta proprio perché è sposato con Jaco. I loro documenti di identità sono una perfetta sintesi del confuso stato matrimoniale nel quale si trovano che dipende inderogabilmente dalla geografia e da leggi locali. Pierangelo sulla carta di identità è celibe, Jaco usa un passaporto sul quale ha il doppio cognome Bucci Rozendaal. Alla richiesta dei documenti delle forze dell’ordine, è già accaduto, si creano fantasiosi siparietti nei quali gli agenti chiedono se i due sono fratelli e come si spiega un fratello con un cognome olandese e uno senza. I due allora dichiarano il loro stato civile di coniugi, e tutto finisce lì. I documenti dovrebbero quantomeno attestare la realtà, ma qual’è la realtà in questo caso? Dipende: in Olanda entrambi sono coniugati, in Italia Pierangelo è celibe, Jaco è sposato con Pierangelo ma non può esserlo sui documenti perché il matrimonio gay non esiste. Per assurdo Pierangelo potrebbe sposare una donna italiana e spianare la strada alla bigamia dei bisex: all’estero un marito, in Italia una moglie, doppia eredità, doppia pensione… Assurdo?

“No, non c’è alcun dubbio, Pierangelo per la legge italiana è celibe e può contrarre matrimonio” spiega Matteo Bonini Baraldi, giurista e presidente del CESD, Centro europeo di studi sulla discriminazione. “Un italiano è soggetto all’ordimento giuridico italiano e il foro competente a giudicare il suo caso, se Rozendaal lo denunciasse, i foro competente sarebbe italiano e non c’è nessun impedimento al matrimonio. Dei due non si potrebbe sposare il partner olandese: le autorità del suo paese non darebbero il nulla osta per evitare la bigamia. Il problema è conosciuto, ma l’Unione europea non sta attuando alcuna azione in questo campo per non interferire con il diritto di famiglia degli stati membri. Entro fine anno però sarà pubblicato uno studio sui problemi di circolazione di queste coppie. Ci si augura che ci sia la base fattuale per compiere azioni politiche legislative, almeno in ambito sovranazionale”.

Persino il pagamento delle tasse in un matrimonio gay è fonte di distinguo. Nel 2008, l’anno del trasferimento al medioevo legislativo italiano, Bucci  ha dovuto depositare due denunce dei redditi, da gennaio a maggio in Olanda, e poi in Italia. Nella prima è sposato e ai fini fiscali sono previste le riduzioni per la famiglia nel secondo è single: “a qualcuno potrebbe piacere l’idea di essere sposato cinque mesi all’anno”, si ride un poco sconsolati a casa Bucci  Rozendaal. Ma ci si tutela anche: “Abbiamo deciso di non comprare una casa in Italia perché creerebbe dei problemi con l’asse ereditario. Mi fido di mia madre e dei miei familiari, ci mancherebbe, ma nel caso uno dei due mancasse si creerebbero problemi ereditari, non c’è alcuna garanzia che eventuali immobili rimangano a mio marito, o a me”.

A questa schizofrenia matrimoniale nei rapporti con lo Stato non sembra corrisponderne una nei rapporti sociali, il matrimonio Bucci  Rozendaal è perfettamente accettato a Monza, profonda Brianza,  ed è un dato di fatto, altro che problemi di ordine pubblico.

“Tra amici, conoscenti, colleghi italiani il nostro matrimonio è stato accolto con assoluta tranquillità,  forse un po’ di sorpresa, ma mai fastidio. Molti sono curiosi, sopratutto i gay, sono ancora rari coloro che hanno fatto il grande passo. Siamo marito e marito e alla gente, che sa o viene a sapere, non frega proprio niente, una volta detto è scontato”, è sempre Pierangelo a parlare. Medesimo discorso sul lavoro: “In azienda sanno tutti che sono gay e che Jaco è mio marito. Lui lavora come cuoco, lo vedo tutti i giorni in pausa pranzo perché vado a mangiare da lui, anche i suoi colleghi sanno che siamo sposati e non c’è nessun problema. E’ quando compilo moduli per i documenti ufficiale che sono costretto a  dichiarare il falso, io sono sposato, non celibe, ma non posso dirlo alle istituzioni. E’ una consolazione rispondere a tutti i sondaggi sbarrando la casella sposato, su facebook sono sposato, dal panettiere sono sposato, insomma solo per lo Stato italiano non lo sono…”. Ma lo Stato siamo noi…

Allargando il campo geografico la schizofrenia matrimoniale aumenta. Se la famiglia Bucci Rozendaal si trasferisse in Inghilterra dove per le coppie gay c’è la civil partnership, che offre diritti e doveri minori del matrimonio, verrebbero “declassati” a coppia di fatto. In Francia potrebbero o contrarre ex-novo un Pacs, ma, come ha stabilito di recente un giudice che ha giudicato un caso simile a quello esposto, il matrimonio gay contratto all’estero è valido solo per la dichiarazione dei redditi che deve essere congiunta. In Spagna, c’è il matrimonio gay e i  Bucci Rozendaal sarebbero gli stessi  Bucci Rozendaal olandesi.

In Italia il problema resta irrisolto, ma non all’infinito: il matrimonio gay anche per risolvere la confusione legislativa si farà di certo, il problema è solo quando. (pubblicato in “Pride”, n.120, giugno 2009, pp. 15-16 con il titolo “Doppia identità”)

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