Vi dichiaro sposi

Non tutti i preti della chiesa cattolica sono contrari ai matrimoni gay

da “Babilonia”, maggio 2003 – Altro che Pacs! Don Franco Berbero, della diocesi di Pinerolo, celebra da tempo veri e propri matrimoni gay. Nel marzo scorso il sacerdote è stato scomunicato e ridotto allo stato laicale con un decreto del Vaticano firmato dal Santo Padre. Ma Don Berbero non è l’unico sacerdote italiano schierato con i gay.
All’inizio di ottobre, presso la comunità cristiana di base Viottoli a Pinerolo Enzo e Paolo sono convogliati a giuste nozze con un rito officiato da Don Franco Berbero. Tra gli invitati, oltre a vari sacerdoti e parroci di Piemonte e Liguria con rispettivo partner uomo o donna, numerosi fedeli. Fino ad oggi sono almeno trentanove le coppie gay unite in matrimonio dal sacerdote con una cerimonia che ha solo lievi differenze da quella eterosessuale ufficiale. Entriamo nel clima della cerimonia con il ‘fatidico’ Sì che ha sancito l’unione di Enzo e Paolo.
“Caro Paolo, amore mio. Prima di incontrarti la mia vita era un vagabondaggio, una ricerca affannosa e la terra del mio cuore era sempre più arida. Non benedirò mai abbastanza Dio che ha messo me sulla tua strada e te sulla mia. Paolo, ti amo e voglio vivere tutta la mia vita con te. Prometto di vivere con te nelle ore della gioia, del dolore, della malattia, fino all’ultimo respiro. Spero che Dio, custode dei nostri giorni, mi sostenga e ci sostenga nelle ore difficili.
Caro Enzo, sei il mio tesoro. Tu immagini una terra senza fiori e un cielo senza stelle? Così era la mia vita, ma io ho continuato a cercare il vero amore e finalmente l’ho trovato. Dio sia tra me e te per sempre e ci faccia crescere nella tenerezza, nell’impegno per la giustizia nel mondo. Egli dia a tanti altri gay la gioia che ha regalato a noi oggi. Paolo, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Te lo dono davanti a Dio. Enzo, questo anello che io metto al tuo dito ti ricordi sempre l’amore che Dio ha stampato nei nostri cuori…”.
Tutti i matrimoni celebrati da Berbero non hanno valore legale e non sono riconosciuti dalla Chiesa ma rivestono semplicemente una funzione simbolica per i partner ma l’incontenibile Don prosegue nella sua pastorale arcobaleno non ‘limitandosi’ al solo matrimonio gay. Nel settembre scorso era addirittura tra relatori di un convegno di AGEDO, l’associazione dei genitori di gay e lesbiche. Ecco il suo stupefacente intervento.
“Nelle chiese cristiane è successo un delizioso e promettente terremoto. Un cero squarcio, una lacerazione profonda un sentiero aperto. Di questo io mi occupo a livello di studio e di dialogo. La gerarchia è tradizionalista e omofoba. I discorsi di questo Papa sono quelli che sono e non è il caso di perderci tempo, ma il dibattito nei gruppi e nelle comunità è aperto e ampio anche se e c’è una forma di occultamento nella televisione nella radio nei media che non danno notizia di questo dibattito aperto pieno di fiducia, pieno di speranza e con posizioni diverse…Nella Chiesa Cattolica c’è la possibilità di usare la propria libertà e di trasgredire in modo costruttivo. Non vado a chiedere nessun permesso per celebrare le nozze di coppie di donne e uomini durante la messa nella mia comunità. Ho detto al mio vescovo che queste cose le vede: ‘tu non puoi impedirlo’. L’amore eterosessuale e l’amore omosessuale hanno la stessa dignità”. In più ha aggiunto: “Almeno 700 preti gay sono collegati con la nostra comunità. Anche ai preti eterosessuali raccomando: ‘State preti fate i preti fate l’amore. Se amate una donna amatela, ma non ditelo al cardinale o al vescovo ma ditelo a Dio e ringraziatelo che vi ha dato un amore. Se siete un prete gay state nel ministero e costruite una bella relazione e vivete ministero e amore che si rinsaldano e raccordano a vicenda. Trent’anni fa, proprio oggi, scrivevo una poesia che vi voglio leggere: Amore omosessuale”. Pura follia o il terremoto annunciato da Don Franco Berbero è davvero in atto?
Un terremoto, più che nella Chiesa, sembra sia avvenuto nella vita del sacerdote che nel marzo scorso è stato ridotto allo stato laicale tra le proteste dei gay e della sua comunità. Ma l’ottimismo di Don Berbero seppure esagerato contiene un fondo di verità: cresce il dissenso dei sacerdoti gay friendly alla politica omofoba del Vaticano.
Il più conosciuto tra i dissenzienti è Don Andrea Gallo, di Genova, il ‘prete dei No-Global’. Gallo era presente ad un convegno di AGEDO dell’ottobre 2001 ove oltre a dichiararsi favorevole al matrimonio gay ha chiesto con veemenza alle gerarchie di cambiare.
“Io continuo ad interpellare la mia Chiesa che amo! Volente tener conto di questa situazione. Volete capire e mettervi in ascolto? Quante perversioni ci sono nel rapporto eterosessuale confermato dall’anagrafe civile e da quella ecclesiastica? Quante perversioni? Cerchiamo di andare a fondo. Leggiamo le lettere di Sant’Anselmo che scriveva ai suoi abati [dal quale emerge l’amore che l’abate provava per i suoi fratelli di stampo chiaramente omoerotico]”.
Don Gallo non si è limitato solo alle parole. Nel 2001 ha battezzato Pablo Lapi un omosessuale cattolico che si era visto rifiutare il sacramento nella sua parrocchia di pertinenza a Desio nella diocesi di Milano. Pablo rifiutato dal un sacerdote perché conviveva con il proprio compagno ha potuto entrare a far parte della comunità dei cattolici grazie a Gallo che per le sue attività, anche politiche, eterodosse è stato a più riprese censurato dalla Chiesa.
Un altro Don decisamente friendly è Domenico Pezzini che esercita nella diocesi di Milano. È favorevole all’approvazione delle coppie di fatto e ha raccontato all’Unità del 31 gennaio 2000 che nella sua parrocchia, della periferia milanese hanno proiettato, durante un cineforum, il gaissimo “In & out…apposta perché i ragazzi affrontassero il problema”. Anche per Pezzini, nella stessa intervista, il problema omosessualità sta nelle gerarchie: “Io credo che ci sia una scarsa comunicatività tra le gerarchie ecclesiastiche e la chiesa di base. In alto, poi, cosa succede lo sanno: sono cose note a tutti. Certo lo stile dei gruppi omosessuali cattolici non è lo stesso di quello delle aggregazioni laiche. Quanto a me, lo trovo importante che le persone crescano, si riappacifichino con se stesse, facciano crescere la relazione di coppia in maniera seria e responsabile. Poi, la Chiesa non può dire viva le dark room. Però può dare una possibilità di crescita a tutti”. Con un intervento sulla rivista Crescere, riportata da Panorama il 16 giugno 2000, il don ha, poi, bacchettato le morale cattolica con parole di fuoco: “In Italia le cose sono più complicate perché la morale cattolica dominante ha impresso alla cultura italiana la sua propria lettura della omosessualità. Eppure non vi è altro aspetto della vita umana come quello della sessualità in cui il divario tra le regole morali dettate dal magistero cattolico e il comportamento delle persone sia così abissale. Una morale contraddittoria”. Se non bastasse tutto questo per certificare la sua ‘fede’ gay friendly aggiungiamo che Pezzini è tra gli autori del testo Alle porte di Sion voci di omosessuali credenti per la Monti editrice e ha fondato il gruppo di gay credenti “La fonte”. Se la matematica non è un’opinione siamo tre sacerdoti ‘alleati’ ma, non temete, ne abbiamo scovati molti altri.
Molto ricorderanno l’intervento al Gay Pride di Roma del 2000 di Don Vitaliano della Sala, parroco presso la Chiesa di San Giacomo a S. Angelo a Scala ad Avellino. Il suo discorso fu considerato addirittura scandaloso. Davanti a migliaia di persone ebbe a dire: “La Chiesa deve cominciare a riflettere su di voi, su cosa significa essere gay a confrontarsi con voi a non considerarvi né peccatori, né gay, né diversi… Oggi il colletto che porto al collo mi pesa… Ma sono qui anche a testimoniarvi che esiste un’altra Chiesa oltre quella del Vaticano”. Nei giorni seguenti al Pride disapprovò il Papa che si era dichiarato offeso dalla parata arcobaleno affermando: “È come un papà che sbaglia!”. Questi, e non solo, sono i motivi che hanno portato il Vaticano a rimuoverlo dal suo incarico il 13 ottobre 2001. (Si veda il Decreto di rimozione sul sito http://www.cdbchieri.it/rassegna_stampa/rimozione_don_vitaliano.htm).
Il Pride di Roma fu anche l’occasione per il coming out, durante un’intervista alla trasmissione televisiva “Sciuscià”, di Don Stefano Federici che attualmente accoglie nelle strutture della chiesa di San Salvatore a Roma gli omosessuali per la Catechesi e per un’intervista clamorosa al Corriere della Sera, il sei luglio 2000, di Don Gino Rigoldi, di Milano, in cui si esprimeva più che favorevolmente alla manifestazione: “Sapete che vi dico? La Chiesa dovrebbe chiedere perdono. Sì, è così, ci vogliono le scuse. Perché i gay sono stati offesi e scacciati. Se Gesù, in questi giorni, fosse a Roma, li accoglierebbe e li ascolterebbe”. Non male e in più il sacerdote accoglie nella sua comunità di recupero anche ragazzi gay.
A quest’elenco che incomincia a diventare sostanzioso dobbiamo aggiungere Don Giuseppe Gliozzo di Catania che tiene la catechesi ad una decina di credenti gay il gruppo dei Fratelli dell’Elpis e il presidente del Coordinamento delle Comunità di volontariato in Italia, Don Vinicio Albanesi, che, a detta di Giovanni Mapelli del Centro Studi Teologici di Milano, ha difeso sovente le ragioni dei gay. Giunti a otto sacerdoti friendly facciamo un salto nelle gerarchie e passiamo ai Vescovi friendly. Stupiti?
È vicino ai gay Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, che si è pronunciato spesso a favore dell’accoglienza e del riconoscimento di gay e lesbiche e ha curato la prefazione del volume di Marco Politi, giornalista di “Repubblica”, La Confessione che parla di un prete gay. Come lui, il compianto, Monsignor Clemente Riva, vescovo ausiliare di Roma, molto amico della Comunità gay della città, del Gruppo Arcobaleno e Nuova Proposta, entrambi gruppi di credenti gay. Ma non sono gli unici.
Anche Monsignor Giuseppe Casale, arcivescovo emerito di Foggia, ha partecipato alla presentazione del volume, già citato, Il posto dell’altro, e dichiara posizioni all’avanguardia sulle coppie di fatto e ha difeso le ragioni dei gay di fronte all’attuale pontificato e alla CEI.
Torniamo ai sacerdoti con Don Gianni Baget Bozzo, che scrive anche per “Panorama” che si è espresso favorevolmente per il riconoscimento giuridico delle coppie gay e a Don Sardelli che in un editoriale su l’Unità, il 29 giugno 2001, ha parlato di Chiesa e gay sostenendo apertamente i diritti gay. I due collaborano per riviste di opposto colore politico ma, si sa, i gay in politica sono ormai ‘trasversali’.
Impossibile, infine, dimenticare Don Andrea Crema, della diocesi di Cremona, che per qualche tempo ha collaborato con “Babilonia” per una rubrica Pride di fede e omosessualità.
Li abbiamo elencati tutti? No, molti sacerdoti che guidano gruppi di gay fedeli preferiscono mantenere l’anonimato o rilasciare dichiarazioni anonime. E’ il caso di Don Walter un prete gay cinquantenne di Genova che in un’intervista, sul sito http://www.we-are-church.org/it/omo/prete_gay_OMO_10.htm, ebbe a dire “Non tutti mi accettano per quello che sono. A questo si aggiungono i problemi di delusione, d’affettività, d’amore, problemi di coppia, il tutto inerente al nostro essere gay. In questo periodo ho conosciuto diversi omosessuali: con loro mi interessa approfondire certe problematiche, sia a livello personale che pastorale. Ecco, sogno che a Genova ci possa essere un gruppo di persone gay cattoliche con le quali fare un cammino spirituale insieme”. Così, pur con il beneficio di inventario e con il rischio evidente di averne dimenticati ‘centinaia’, siamo a quindici sacerdoti friendly.
Per i cattolici gay sono motivo di serenità e speranza. I laici o atei gay li guardano con diffidenza è contraddittorio portare la tonaca, uniforme di un esercito, quando non si è d’accordo con i generali. Altri liquidano la questione con un malizioso: “Cosa non si fa per mettere la gonna…”
Le gerarchie, la pensano in maniera diametralmente opposta, e li costringono al silenzio. Don Berbero è stato ridotto allo stato laicale, a Don Crema è stato intimato dal desistere nel collaborare con “Babilonia”, a Don Stefano Federici è stato vietato di usare i locali della sua parrocchia per la catechesi agli omosessuali, Don Vitaliano ha ricevuto un ultimatum: “o abbandoni spontaneamente la tua parrocchia oppure sarai sospeso coattamente” e così via. Santi o eroi?
Sospendiamo il giudizio di sicuro movimentano il dibattito ma dall’altra parte, e lo dice la laicità di chi scrive, se un colletto pesa troppo sarebbe anche consigliabile toglierselo.

Ringrazio Giovanni Mapelli del centro Studi teologici di Milano per i preziosi consigli.

Stefano Bolognini ⋅

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