Cause e affetti

Continuano, e sono sempre più numerosi e articolati, i ricorsi ai tribunali di gay e lesbiche per ottenere diritti. E si confermano una delle più significative strategie attualmente messe in campo dal movimento glbt per raggiungere l’obiettivo della piena cittadinanza

Continuano, e sono sempre più numerosi e articolati, i ricorsi ai tribunali di gay e lesbiche per ottenere diritti. E si confermano una delle più significative strategie attualmente messe in campo dal movimento glbt per raggiungere l’obiettivo della piena cittadinanza.Ma facciamo un passo indietro.

La campagna di affermazione civile, grazie all’impegno dell’Associazione radicale Certi diritti e dell’Avvocatura per i diritti glbt Rete Lenford, in poco meno di due anni ha portato il matrimonio gay all’attenzione della corte costituzionale, massima istanza interpretativa delle norme che regolano il nostro ordinamento. Ne è uscita una sentenza canuta, un po’ come i giudici che l’hanno emessa: qualche elemento di novità relativo al valore delle coppie omosessuali, una mezza apertura al matrimonio gay, che non è vietato dalla costituzione, qualche contraddizione e ogni decisione pratica rinviata alle aule parlamentari, senza alcun vincolo di tempo.

La sentenza comunque ha aperto nuovi spazi di rivendicazione concentrati su “singoli diritti”: la corte costituzionale si è riservata infatti di verificare che la legislazione italiana non discrimini le coppie omosessuali rispetto a quelle eterosessuali e in caso di discriminazione potrà esercitare, se sollecitata, le proprie prerogative d’intervento. “E poi c’è anche la carta europea da giocare”, spiega Yuri Guaiana, militante radicale e autore della prima analisi divulgativa proprio su affermazione civile: Dal cuore delle coppie al cuore del diritto.

Al grande passo verso l’Europa ha pensato proprio Certi diritti con due coppie (per ora) che vorrebbero sposarsi e che hanno presentato il loro caso di discriminazione alla corte europea dei diritti dell’uomo. “Alle due coppie iniziali se ne aggiungeranno altre che si sono rivolte direttamente all’onorevole Paola Concia, e i ricorsi potrebbero a breve essere almeno una trentina. Vediamo di buon occhio la proliferazione dei ricorsi. Più sono più cresce l’interesse del tribunale a trovare una soluzione. Siamo quindi molto ottimisti, l’Italia dei diritti glbt è talmente indietro ed esile che qualcosa di buono dovrà per forza uscire da quel tribunale”, spiega l’avvocato Marilisa D’Amico che con Massimo Clara sta seguendo il caso.

Your ads will be inserted here by

Easy AdSense.

Please go to the plugin admin page to
Paste your ad code OR
Suppress this ad slot.

Le cause europee, per ora, sono in fase embrionale e attendono il giudizio di ammissibilità (una procedura di snellimento dei lavori) della corte. Un “no” in questa fase, non significherebbe evidentemente un diniego di merito nei confronti del matrimonio gay, ma che il tema deve essere ulteriormente approfondito dai giudici italiani. Nel caso, al contrario, di ammissione si lavorerà per una sentenza favorevole in tempi medio-lunghi. “Ci sono voluti ben 12 anni – continua l’avvocata – per la recente sentenza sulla fecondazione eterologa, ma il parere della corte sarà vincolante per il nostro paese e può obbligare finalmente il legislatore italiano a fare una legge sulla questione e condannare lo stato al risarcimento dei danni a queste coppie”.

La campagna di affermazione civile si è poi diversificata ulteriormente cercando strade fino a ieri impensate, con l’ingresso nelle aule dei tribunali di altri singoli paesi europei.

Si proverà infatti a rivolgersi alla più civile Spagna a far valere diritti negati nell’incivile Italia. L’avvocato Ugo Millul e la collega Gemma Calvet i Barot porteranno all’attenzione del tribunale di Barcellona un caso articolato che mette al centro i diritti di un minore, figlio di una famiglia di donne. “Si tratta – spiega Millul – di una famiglia che per questioni lavorative si è trasferita in Italia. Sono sposate in Spagna, hanno un figlio, la madre biologica è tedesca, quella acquisita italiana. Il figlio ha cittadinanza spagnola e tedesca, e in questi due paesi ha due genitori, cioè ovviamente due madri. In Italia invece si è visto rifiutare dal consolato la cittadinanza italiana, la stessa che avrebbe ottenuto naturalmente nel caso di una coppia mista eterosessuale”.

Si vorrebbe spingere sul tasto “della tutela superiore dell’interesse del minore” che evidentemente risulta discriminato in Italia in base all’orientamento sessuale del genitore. “Questo ricorso pilota potrebbe essere esportabile in altri paesi e potrebbe imporre allo stato italiano, in virtù delle convenzioni europee sui diritti del minore, di riconoscere le famiglie gay sposate all’estero. Ed è un caso in cui la disparità di trattamento è lapalissiana”, conclude Millul.

Ma i ricorsi non si fermano qui, perché, come ben spiega Guaiana, “le possibilità di intraprenderne di nuovi sono potenzialmente infinite, e ovviamente dipendono dalla disponibilità delle famiglie italiane a intraprendere una causa pilota sulle discriminazioni subite”. Così Gabriella Friso, una esperta nei servizi per gli immigrati, si sta occupando di casi di ricongiungimento familiare negato a coppie gay in cui uno dei partner non è cittadino europeo, mentre è in fase di studio un ricorso per il mancato riconoscimento del diritto al matrimonio grazie a Ottavio Marzocchi, tra i fondatori di Certi Diritti, che si è unito in matrimonio in Spagna. Nell’ambito poi dei diritti specifici si sta lavorando sulla pensione di reversibilità: “Cerchiamo qualcuno disponibile a chiedere allo stato il diritto alla pensione di reversibilità, qualcuno che abbia avuto una relazione di lungo termine, possibilmente di convivenza, e il cui partner sia mancato. Insomma fatevi avanti”, è l’invito che Guaiana rivolge anche ai lettori di Pride.

Ma anche Rete Lenford continua a macinare cause arcobaleno. Il presidente, l’avvocato Antonio Rotelli, spiega: “Affermazione civile sta andando avanti, e stiamo percorrendo tutti i gradi di giudizio: la sentenza della corte costituzionale è stata solo un momento dell’iniziativa, ci sono ancora numerose coppie gay e lesbiche con procedimenti pendenti nelle corti di appello e poi c’è lo step delle corti di cassazione”. Insomma, è ancora viva la speranza che questa o quella corte decida di aprire finalmente al matrimonio gay: “Prima di andare in Europa, e c’è già un caso di ricongiungimento familiare in attesa di giudizio, vogliamo non lasciare nulla di intentato nelle corti italiane e non c’è solo la corte europea per i diritti dell’uomo, ma anche la corte di giustizia dell’unione europea. Non è escluso poi che il matrimonio gay ritorni proprio alla corte costituzionale italiana”, spiega l’avvocato, molto ottimista.
Non si calcolano poi gli appuntamenti rivolti a avvocati e giuristi, tra corsi, eventi di approfondimento, convegni, conferenze o giornate di studio organizzati dall’associazione su tutto il territorio nazionale. I frutti di questo enorme lavoro sono maturi e stanno in quelle centinaia di articoli e saggi scientifici sull’argomento che hanno avuto visto la luce negli ultimi anni. Il risultato è che avvocati e giuristi italiani oggi sono più preparati dei politici, che in teoria avrebbero il compito di saper osservare e interpretare in anticipo i cambiamenti sociali in modo da adeguare la legislazione.
L’anomalia italiana resta quindi profondamente politica e responsabilità dell’intera classe politica (o quasi). I tempi però cambiano e i nostri pigri politicanti saranno costretti a cambiare marcia, anche perché a imporlo, questa volta, potrebbe essere proprio l’Europa. Entro e non oltre un altro decennio. Si accettano scommesse. (pubblicato in “Pride”, dicembre 2011)

Stefano Bolognini ⋅

Commenta

  • (will not be published)