Padova Pride, polemiche infuocate

Il gay pride 2002 scatena vivaci polemiche fra i vari schieramenti politici che non risparmiano nemmeno S. Antonio

Sant'Antonio di Padova foto PetarM-Wikicommons

Si alza la tensione e continuano le polemiche, quelle vere, sul Padova Pride 2002. Non vengono né da gruppi gay né o da singoli contrari alla manifestazione, bensì da Alleanza Nazionale che a Padova, e non solo, quando parla di omosessualità pare aver dimenticato l’impronta di destra moderna e democratica che dice di essersi attribuita.

Il 31 gennaio scorso Azione Universitaria Padova, il gruppo che riunisce studenti universitari di AN, inviava una lettera a “Il Mattino di Padova”; di questo tenore: “Essere contrari a manifestazioni di tal genere [al Gay Pride] non significa necessariamente essere portatori di ideologie omofobe, ma semplicemente essere contrari alla ridicolizzazione dell’uomo…e alla lesione del più comune buonsenso. I diritti che gli omosessuali vogliono si riducono al poter portare improbabili e colorati vestiti e parrucche degni dei più estrosi clown, trapezisti, ballerini e orsi canterini? Sinceramente troviamo ciò molto riduttivo (nonché umiliante per gli stessi gay) e poco rispettoso della volontà di quelle persone che, come noi, chiedono sia mantenuto un pur minimo livello di decoro pubblico”.
In realtà sappiamo che una netta minoranza di manifestanti al Pride può definirsi ridicola. Forse è più ridicolo che la stampa dia spazio solo a questi ultimi.
Le polemiche continuano il 2 febbraio scorso con una iniziativa di Gabriele Zanon capogruppo di Alleanza Nazionale di Padova che durante una conferenza stampa contro il Gay Pride di Padova 2002, tenutasi a Palazzo Moroni propone una petizione popolare rivolta al parlamento per “predisporre strumenti legislativi utili a regolamentare le manifestazioni organizzate dalle associazioni omosessuali”. A Padova siamo quasi alle leggi razziali.
Il 17 febbraio i nemici dei gay tornano alla carica con Luisa Santolini, presidente del Forum delle associazioni familiari, che definisce il Pride: «Una provocazione inutile e ingiustificata proprio nei giorni in cui la città veneta celebra la festa di Sant’Antonio. Il Giubileo è stato un momento di rottura, una provocazione ingiustificata, adesso è diventato un vizio ricorrente. Si cercano tutte le occasioni per provocare offesa e attaccare valori che vanno rispettati, che non offendono e non danno fastidio a nessuno. Chi organizza queste manifestazioni si autoemargina”. Le fa eco il senatore senatore Riccardo Pedrizzi, responsabile nazionale di An per le politiche della famiglia: “La propria libertà finisce dove inizia quella degli altri. E allora la libertà degli omosessualisti di offendere la città e la festa del Santo, la Chiesa e il cattolicesimo, finisce dove inizia quella dei cattolici di non essere offesi. Altrimenti la libertà diventa liberticida, cioè distruttrice di altri diritti di libertà. E questo è inaccettabile per una sana democrazia”.
A questi attacchi di bassa lega c’è stata anche una difesa forte con l’interrogazione parlamentare del 14 febbraio dei deputati Titti De Simone, Giordano, Bimbi, Grillini, Ruzzante, Valpiana, Zanella nella quale si chiedeva, in politichese, al Ministro dell’Interno: “quali iniziative pensi di adottare affinché sia garantito l’elementare diritto delle persone di manifestare con lo svolgimento della manifestazione in oggetto [al Pride di Padova]; se intenda assumere iniziative normative tese a limitare la libertà di manifestare”. Fa le veci del Ministro il Sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano di AN che risponde molto vagamente che “Sui problemi connessi all’iniziativa e sulla possibilità di un rinvio della manifestazione, pur incontrando difficoltà, legate, tra l’altro, a dissensi interni alle stesse associazioni di omosessuali [che come abbiamo visto non esistono], il sindaco di Padova sta tentando una mediazione (ma la situazione è comunque seguita dall’autorità provinciale di pubblica si sicurezza). Al momento, non risultano pervenute formali comunicazioni in ordine al Gay Pride, il che, però, è comprensibile, tenuto conto della distanza temporale dalle manifestazioni e della normativa (che prevede il preavviso almeno tre giorni prima)”.
Concludiamo con il 25 febbraio e un comunicato stampa del Portavoce del Coordinamento Gay del Nord Est ente promotore del Pride: “Froci di merda” e “rotti in culo” sono le parole che campeggiano, ben visibili, sotto i portici di via Santa Sofia, in pieno centro storico di Padova. Nella notte tra sabato e domenica la sede del circolo “Tralaltro” Arcigay Padova è stata vittima di un raid vandalico. Ignoti hanno scritto frasi ingiuriose e omofobe sulle saracinesche del circolo che Arcigay Padova”.
Vittoriano Mazzon, coordinatore di Forza Italia Padova, informato del fatto ha dichiarato: “Se i gay e lesbiche vogliono sfilare, lo facciano altrove”. Mazzon condanna il raid: “E’ molto grave quando il dialogo viene sostituito da atti gravi e violenti” ma che l’antidoto all’intolleranza sia non “demonizzare il Pride” però “ci sono ragioni di opportunità: meglio evitare l’occasione di disordini, Padova ha già pagato un prezzo altissimo agli scontri di piazza”.
E’ chiaro che quello che sta succedendo a Padova non è per colpa dell’omofobia dilagante ma di quei provocatori degli omosessuali.

A questo punto non ci resta che unirci con decisione all’appello di Alessandro Zan, portavoce e organizzatore della manifestazione: “Sfileremo in 10 mila contro l’intolleranza” e sarà “una grande festa mobile che attraverserà la città. L’evento è un’esplosione di gioia, è libertà in movimento e afferma quel diritto alla diversità che fa parte dei diritti umani. Non vuole provocare, invece
chiede rispetto”. E se saremo più sarà ancora meglio. (Pubblicato in “Babilonia”, aprile 2002).

Stefano Bolognini ⋅

3 commenti

  1. Toffanello

    Cari gay le conseguenze a cui avete dato vita sono indescrivibili
    Il conto è salatissimo
    Tamble

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