Ritratto di famiglia

Alcune fotografie inedite raccontano la storia non ancora scritta dei nostri antenati gay.


James Gardiner, un eclettico omosessuale inglese, colleziona da tempo fotografie, ritratti, cartoline, biglietti da visita, autografi e locandine teatrali riguardanti «gli omosessuali, i loro amici, i loro amori, i loro nemici e le loro glorie».

600 interessantissimi pezzi della raccolta possono essere ammirati nel libro intitolato Who’s a Pretty Boy Then? One hundred & fifty years of gay life in picture pubblicato dalla casa editrice londinese Serpent Tail nel 1997.

Le fotografie, ordinate cronologicamente e corredate da buone note esplicative, coprono un periodo che va dal 1851 al 2000 e raccontano la storia di personaggi famosi e non, di drag queen e di body buildier unendo le icone gay e i gli ammiratori delle stesse in una cornice dal sapore antico, ma d’attualità impressionante.

Il lavoro è concentrato sugli omosessuali inglesi e in particolare su Londra, ma ha notevole interesse anche per noi italiani perché offre uno spaccato di storia che permette interessanti confronti.

Così sfogliano le pagine scopriamo in un viaggio storico artistico stampe di bagni turchi, travestiti, vespasiani a “due posti”, coppie di amanti, nudi, marinai, foto di medici, foto pornografiche, copertine di libri, ritratti di scrittori, contenitori per la vaselina e tanto altro. Tutto questo riguardò certamente anche gli omosessuali italiani.

Incredibili inoltre sono i capitoli che raccontano gli ultimi trent’anni di lotte da quelle per la nostra esistenza a quella, ancora in corso, contro l’Aids.

Questo testo non dimentica nulla da Whalt Windham, passando per i Village People e i battuage d’epoca senza tralasciare il ’68 e il nudo maschile a cui gli omosessuali hanno dedicato molti dei loro sogni. Who’s a Pretty Boy Then? offre un colpo d’occhio inusuale su più di cent’anni di cultura gay e riesce a rendere viva attraverso i volti degli omosessuali e dei loro miti la nostra storia. (Pubblicato in “Babilonia”, marzo 2001)

Stefano Bolognini ⋅

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