Adolescenti gay. Perchè si uccidono?

“Sfortunatamente nessuno lo ha saputo ascoltare” è la triste frase di circostanza che si usa quando un giovane si suicida. Sovente quelle morti rimangono nell’ombra prive di una spiegazione accettabile. Se poi è l’omosessualità che porta i giovani ad uccidersi il silenzio e l’indifferenza diventa complice e totale. Noi cerchiamo di dar voce a quel silenzio.

Elaborazione di NiNjA144 Deviantart

“Sfortunatamente nessuno lo ha saputo ascoltare” è la triste frase di circostanza che si usa quando un giovane si suicida. Sovente quelle morti rimangono nell’ombra prive di una spiegazione accettabile. Se poi è l’omosessualità che porta i giovani ad uccidersi il silenzio e l’indifferenza diventa complice e totale. Noi cerchiamo di dar voce a quel silenzio.

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Nel giugno scorso avevamo denunciato il fenomeno del suicidio dei giovani omosessuali adducendo dati e cifre allarmanti. Uno studio Ispes del lontano 1991 diceva che il 32% di gay e lesbiche sotto i ventenni ha pensato di suicidarsi e che il 10,8% ha tentato il suicidio. A distanza di dieci anni un breve capitolo del testo Omosessuali moderni offre una serie di dati aggiornati anche se non esaustivi: “un terzo dei gay e un quarto delle lesbiche  hanno pensato qualche volta a togliersi la vita  e…il 6% ha provato a farlo. Più della metà dei tentativi di suicidio vengono commessi tra i quindici e i vent’anni”.

Le cifre non rendono in alcun modo la gravità e la vastità del fenomeno anche perché non esiste una casistica di tentativi di suicidio riusciti: i morti non parlano.

Hanno parlato, al contrario, sul sito Gay.it nei mesi scorsi, gli omosessuali che vorrebbero uccidersi o che ci hanno provato. Il dibattito ha registrato più di centocinquanta contributi che oltre a chiarire le ragioni per cui gli omosessuali soffrono consigliano la strada da seguire per non portare a termine il folle gesto.

Seguiamo insieme il dibattito incominciando dai contributi più sofferti: quelli dei gay che hanno effettivamente tentato il suicidio. Alessandro, di diciassette anni, dice: “Ho tentato il suicidio due volte nel giro di tre mesi, la prima volta era più un ‘avvertimento’…Il secondo invece mi è stato quasi fatale, sono dovuto restare in ospedale per due mesi e ora sono di nuovo fuori”. Marco, che non specifica l’età, afferma: “io l’ho tentato e non escludo di poterlo fare ancora. La mia famiglia, la società che mi è vicino, la mia fidanzata…nessuno potrebbe capirmi…e anche un amico prete mi ha sbattuto la porta in faccia!.” Anche Anonimo ha provato a togliersi la vita ma ha trovato una scappatoia: “Il suicidio per me è stato a lungo un pensiero fisso e non solo. Mi sono tagliato le vene gridando allo specchio: ‘Non mi avete piegato piuttosto mi spezzo’, poi ho preso un cocktail di psicofarmaci e alcool, poi ho tentato di bere della candeggina e poi ho detto di essere gay ai miei genitori”. A loro si aggiunge Straneguy: “Io ho tentato il suicidio ma il fato mi ha salvato” e Mario: “Io ho provato ad uccidermi, sono stato in anoressia e bulimia, mi hanno ricoverato per mesi, ma l’unica cosa che ho capito è  che voglio vivere”.

La sottile speranza e le scappatoie delle ultime due dichiarazione quasi scompaiono di fronte alle decine di giovani gay che hanno scritto al forum affermandfo di non trovare il coraggio di uccidersi. Per loro, molti dei quali non hanno nemmeno vent’anni,  il suicidio è un pensiero fisso e l’unica via di uscita da una vita di sofferenze.

Luca, un diciassettenne, dice: “Sono un ragazzo diciassettenne veramente distrutto. Ringrazio il cielo perchè il mio sguardo non ha fatto trapelare niente, perché non faccio altro che sentire: in famiglia: i gay sono pazzi da legare; conoscenti: i gay sono assatanati di sesso e violentatori; a scuola: i gay  sarebbero da mandare al rogo. E così via all’infinito. Allora qual è la scappatoia per evitare questo sfruttamento giornaliero dalla mattina alla sera? Sono distrutto definitivamente. Allora mi chiedo a cosa serve vivere la mia vita se questa è resa un oblio?…Ho pensato e penso spesso al suicidio, ma mi manca il coraggio”. Anche Pasquale di diciannove anni ci pensa tutti i giorni  ma “purtroppo”, è una  parola usata da lui, non riesce “a trovare il coraggio per farlo” e Sfigatissimo, suo coetaneo, aggiunge “Io al suicidio ci penso quasi tutti i giorni, quasi a tutte le ore da quando avevo nove anni ma purtroppo non ho le ‘palle’ di uccidermi. Non ho nessun amico, sto in una specie di villaggio sperduto, la scuola è un disastro, mi sento una ‘merda’ e tutto ciò è iniziato tanti anni fa quando hanno cominciato a sfottermi e escludermi perché non facevo le cose che facevano gli altri maschi. Sono troppo sfigato per vivere, un giorno o l’altro ci riuscirò a morire”. Alle loro testimonianze, una minima parte rispetto a quelle pubblicate on-line, aggiungiamo quella del diciottenne Liuk: “Quando a 18 anni ho capito di essere omosessuale. Nei due o tre anni successivi pensavo che questo sarebbe stato un segreto che mi sarei portato nella tomba e vedevo davanti a me una vita di completa solitudine. Sentivo continuamente la morte al mio fianco. Ho pensato molto spesso al suicidio perché non vedevo vie d’uscita”.

Altre testimonianze sono di giovani che giurano che si uccideranno presto perché sono giunti al limite di sopportazione. Giulio ha ventidue anni e racconta: “Sono stato fidanzato con una ragazza per tre anni e ho cercato di scordarmi di essere gay ma non è servito a niente. Passo le notti a piangere pensando che per me non c’è posto nel mondo ma forse lassù si… Basta ho deciso tra un po’ sarà il mio compleanno e mi sa tanto che il giorno che ho cominciato sarà anche quello che finisco…Non vedo l’ora che venga quel momento: dicono che quello è il giorno in cui sei più felice perché sai che non ti importa più di niente”. Anche Franco è sulla stessa terribile linea d’onda: “sto malissimo, non vengo accettato da nessuno, vi prego datemi conforto, non ce la faccio più…tra un po’ mi suicido…la vita è una ‘merda’” e così pure Pasquale che dice: lo “farei in questo stesso momento, ma non ce la faccio, vorrei tanto farlo, e questo forum mi fa capire che ci sono tanti ragazzi che vivono la mia stessa situazione e questo mi fa stare ancora peggio…Scusate ma questo è solo lo sfogo di un ragazzo che di vivere ne ha già  abbastanza”. E si permette di scusarsi?

Società, famiglia, gruppo di amici e religione sono i quattro elementi che più da vicino fanno propendere per la scelta di suicidarsi. Vediamo di approfondire quale è la loro azione.

Un giovanissimo Anonimo dice: “Ormai ho 17 anni e per fortuna ho passato la fase in cui la tentazione del suicidio era forte. E’ stato qualche anno fa, due o tre, quando mi sono accorto che quello che ero non piaceva a nessuno, né a me né agli altri. In quel periodo avevo un ‘pensiero omofobo’, perché è quello che ci insegna la società, e pensavo che avrei fatto un favore a tutti ‘togliendo il disturbo’. Perché tutti, se avessero saputo del mio orientamento sessuale, non mi avrebbero guardato con gli stessi occhi. Non avrei più potuto parlare con i miei coetanei, da cui avrei ricevuto solo insulti. Sarei stato la pecora nera della famiglia”. Anche Cigas è disorientato: “Non capisco perché non posso essere come tutti gli altri; soffro e sogno qualcosa che la società non mi permette di avere. Ma chi sono questi che decidono su quello che è giusto e quello che è sbagliato? Non è giusto! La mia vita non può essere quello che vorrei solo perché la gente non accetta la verità. Questo non è scelta, è sofferenza, discriminazione autocommiserazione, disperazione, paura odio, terrore, voglia di morire per non dover più ragionare”. A queste denunce aggiungiamo quella di Lupo e Matty che ricordano così la loro sofferta giovinezza. Il primo dice: “sono morto molti anni fa,quando la mia sessualità divenne pubblica, avevo solo 15 anni e scoprii il disprezzo e la pietà; fu terribile, ero un ragazzino come tanti, studioso, simpatico con tanta voglia di studiare, ed anche molto carino. Mi chiusi in me stesso, rifiutai il mondo che mi circondava, soffrivo da solo e per anni ho rifiutato la vita, volevo morire ma non capivo perché…ero circondato da ragazzi inutili, stupidi” mentre il secondo dichiara: “Quando ero alle medie, ogni giorno i miei compagni mi ripetevano che ero solo un frocio e un finocchio. Capito? Tutti i giorni, nessuno escluso. Volete sapere cosa mi ha detto una professoressa che sapeva di ciò? Mi ha detto: ‘caro *** io odio le persone deboli come tè. A voi ogni commento. L’estate i miei mi mandavano in colonia un mese e anche lì ero accolto con insulti del solito tipo”. Anche la lesbica Paola ebbe esperienze simili: “non riuscivo a guardare negli occhi i miei cari, la mia migliore amica, il senso di colpa pesava troppo sulle mie spalle. Io avevo deluso chi mi voleva bene ero una fallita ormai” mentre Drunk punta il dito sullo stigma sociale: “non capite cosa accade quando per tutta la vita senti raccontare in casa barzellette sui froci, quando la tua vita gronda disprezzo per i diversi, quando tutti ti chiedono perché non hai ancora una ragazza o quando ti fingi etero per nascondere una realtà che le persone con cui condividi la tavola brucerebbero?”.

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Luce aggiunge, con una frase efficace, che il suicidio dei giovani gay dipende anche dalla carenza di informazioni: “E’ stato il silenzio a volermi uccidere, il mio ma soprattutto quello del mondo, il silenzio verso i bambini e i ragazzini riguardo all’omosessualità”.

A tutto questo, e non è poco, si aggiunge la religione che non accetta in toto l’omosessualità ed è fonte di stereotipi e pregiudizi. Ascoltiamo la vicenda occorsa a Gabriele: “Un giorno (io non faccio religione)…mi è stato raccontato dai miei compagni, che il nostro professore di religione ha detto che è contrario alle adozioni di bambini alle coppie omosessuali: perché il mondo si riempirebbe di omosessuali, che l’omosessualità è una scelta e chiunque si mette di impegno può uscire dal suo ‘brodo’ (proprio questa parola ha detto!), che noi omosessuali siamo al livello dei pedofili e degli alcolisti” e Mauro figlio di testimoni di Geova ironizza: “I miei erano e sono tutt’ora testimoni di Geova, e mi hanno cresciuto nella convinzione del peccato da parte di coloro che (non si può pronunciare)”.

Se così abbiamo, in parte, sdoganato il silenzio sul suicidio dei giovani gay possiamo passare, sempre grazie al forum, anche alle testimonianze di coloro che hanno trovato una via d’uscita alla loro disperazione.

Matty, già incontrato in precedenza, molto semplicemente si è ribellato: “Non ne potevo più ma non ho mai pensato di farla finita, perché è come se alla fine l’avessero vinta loro”. Stessa strada quella seguita da Luca:“Ma non posso dargliela vinta, voglio troppo bene a me stesso, alla mia famiglia, a chi mi vuole bene… e la mia vita vale più di questa m***a nella quale dobbiamo vivere. Comunque, se si è arrivati davvero al limite, per chi vive ancora in segreto,  è il momento di farsi avanti… di ‘uscire fuori’ c’è sempre qualcuno che ti può aiutare, basta saperlo trovare”.

Il coming out per la maggior parte degli interventi è la via d’uscita alla sofferenza ed è un passaggio molto più indolore di quanto possa apparire. Ecco una serie di testimonianze convincenti: Fabio, di vent’anni, afferma: “Ho iniziato a star bene veramente quando ho detto per la prima volta di essere gay. L’ho detto ad una mia amica e ho avuto il coraggio di fare la mia confessione solo perché lei mi aveva detto un istante prima di essere lesbica. Avevo paura ma dopo la mia prima chiacchierata mi sono sentito subito meglio e ho iniziato a confidarmi con un po’ di persone. Fortunatamente si sono dimostrati tutti veri amici! La mia amica mi ha poi presentato il mio ex ragazzo e da allora ho cominciato a star veramente bene!”. Un trentanovenne, Luciano, aggiunge “sono contento di averlo fatto sto benedetto Coming Out; che, malgrado le sofferenze e la depressione, mi sento felice di essere riuscito a liberarmi di questo inutile fardello. Detto questo aggiungo che, no, non sono un ‘giovane’ gay, tutt’altro… Ho 39 anni, li compio domani, ed il coming out l’ho fatto tre mesi fa… Dopo anni di sotterfugi, fidanzate che non amavo, bugie e altre cose che conoscete benissimo” ed Andy, un vent’enne,  conclude: “ho iniziato a smettere di tacere. Sono partito dai miei amici migliori, e poi l’outing è venuto da sé con tutti, amici parenti e conoscenti. E quello che mi ha sorpreso è che non è veramente cambiato nulla, che quell’ ‘a me non importa se ti piacciono le ragazze o i ragazzi’ che mi sentivo sempre rispondere non era solo per dire, ma una cosa che trovava riscontro nella realtà. Mi trovo intorno una schiera di persone che mi vogliono bene, che si confidano con me come prima, che mi sostengono il doppio in ogni passo che faccio”. Sono tutti ‘visibilmente’ d’accordo il primo passo per la serenità è il coming out poi verrà il tempo, e molti ne danno testimonianza, anche se purtroppo non abbiamo spazio per citarli, per l’aggregazione, le amicizie, e un fidanzato.

Si scosta dalla media degli interventi Gay 78 che anche se un po’ troppo rudemente richiama coloro che vogliono annullarsi alla propria responsabilità: “ma fatela finita cretini e apritevi senza tante storie. Non vi accettano? Bene scappate da casa e imparate a vivere per conto vostro. Siamo tutti bravi a dire quello non mi accetta, mia madre, la famiglia etc. avete pensato di cominciare la vostra vita da zero? Lontano da queste persone che vi odiano magari? Bene fatelo e non dite più cazzate del tipo mi uccido etc.”;

Degno di nota ci sembra il consiglio di Marco, un cinquantenne, sposato che si rivolge agli omosessuali fidanzati infelici di ragazze: “Ho pensato al suicidio, ma non l’ho mai messo in pratica. Nella vita, ho 50 anni, ho sbagliato a non accettarmi, mi sono sposato, ho figli, ma se potessi tornare indietro con l’età e vivere al giorno d’oggi, non esiterei ad avere una vita da gay con un caro amico vicino”.

Alcuni interventi, una netta minoranza, annoverano tra le motivazioni che portano alla volontà di suicidarsi la tristezza degli ambienti gay, la difficoltà per i gay di fidanzarsi stabilmente, difetti fisici, noia, falsità della chat e degli omosessuali e così viva. Lo spazio ci è tiranno ma in futuro parleremo anche di loro.

Per concludere la terribile testimonianza di Enos: “nella mia città un ventiquattrenne gay si è suicidato per non aver risolto il conflitto fede omosessualità”.

Tale gesto, nella sua fredda evidenza, non permetterà più a nessuno di mascherarsi dietro ad un “non ne sapevo nulla” o, peggio, “sfortunatamente nessuno lo ha saputo ascoltare”.

Una strada che porta alla serenità esiste e la vita come ben dice Andy “è una sola, non la sprechiamo per colpa della piccolezza degli altri”. (Pubblicato in “Pride” con lo pseudonimo Andrea Gabrielli nel settembre 2002).

 

Stefano Bolognini ⋅

1 commento

  1. mary

    ciao sono mary ,,coraggio vi voglio bene,,sono una trans ,,non mollate mi raccomando..

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