Aids: la lotta fantasma

[Ripubblico integralmente e senza modifiche questo articolo che alla pubblicazione generò numerose polemiche. In effetti il problema della lotta all’aids per come da sbabrbatello l’avevo svolto non era di Arcigay che cercava di mettere un cerotto ad una diga piena di fessure e buchi, ma dello Stato italiano che continua a non volersi interessare di prevenzione e lotta all’hiv-aids].

“Non voglio sembrare prevenuto riguardo al lavoro, che comunque ritengo importantissimo, svolto dall’Arcigay a livello nazionale, ma ho avuto un’esperienza diretta molto negativa riguardo al tema dell’Aids e quindi probabilmente non sono molto obiettivo da questo punto di vista, perché è avvenuta una strumentalizzazione nel momento in cui si è capito che da quest’area potevano provenire i fondi istituzionali. Da qui tutta la produzione in parte approssimativa e in parte convenzionale di materiale sull’Aids, accompagnata da dichiarazioni che non corrispondono alla realtà”. Così Mattia Morretta descriveva la campagna dell’Arcigay per la lotta all’Aids su “la Fenice di Babilonia” numero due nel 1997: nulla è cambiato.

La campagna di quest’anno, terminata nel marzo scorso è durata poco più di due mesi e ben pochi ne sono venuti a conoscenza.

 

Il progetto, opera dello psicologo Massimiliano Sommantico e del responsabile Aids Arcigay Dott. Vincenzo Capuano, è stato presentato al Ministero della Sanità nel gennaio 1999.

Tre erano i punti cardine della proposta.

In primo luogo, si richiedeva al Ministero la stampa di volantini mirati agli omosessuali in grado di fornire brevi indicazioni sulla tutela nei confronti dell’Aids e contenente elementi di provocazione atti ad incuriosire. Il messaggio avrebbe dovuto risultare sereno e non terroristico (come in moltissime campagne ministeriali del passato!).

I contenuti, tratti dall’opuscolo “Gay Sex” della struttura pubblica sociosanitaria olandese, avrebbero dovuto essere molto espliciti (ad esempio: “Penetrare senza preservativo tirando fuori il pene prima di venire è a rischio?” oppure “Fare un pompino senza farsi venire in bocca, è rischioso o no?”) e avrebbero dovuto suggerire l’utilizzo del preservativo come elemento di gioco, conoscenza e piacere.

Oltre ai volantini si sarebbero dovuti stampare dei cartoncini della dimensione di un biglietto da visita con messaggi di prevenzione. Gli omosessuali se li sarebbero scambiati per conoscersi, socializzare e corteggiarsi.

Al secondo punto del progetto l’Arcigay chiedeva al Ministero un finanziamento per un corso di formazione, tenuto da esperti, per trentacinque persone provenienti da diversi circoli territoriali. Alla fine di tale corso i soggetti sarebbero stati in grado di costruire una rete di strategie e interventi integrati per un’efficace lotta territoriale al virus dell’Hiv. Gli stessi avrebbero poi dovuto istruire altri venti collaboratori ognuno; si sarebbero così preparati settecento operatori per un lavoro localizzato.

È ragionevole chiedersi se questa parte del progetto non fosse solo lontanamente utopistica. Come trovare, infatti, settecento operatori volontari in tutta Italia? Difficile a dirsi anche in considerazione del fatto che la maggior parte dei circoli politici Arcigay conta un numero esiguo di soci dichiarati che lavorano. Per ovviare a tale inconveniente la Segreteria Arcigay ha in effetti deciso la partecipazione di soltanto quindici circoli Arci all’iniziativa di prevenzione, riducendo di molto la portata di una campagna che sulla carta doveva essere nazionale.

Gli operatori così formati, avrebbero dovuto lavorare localmente, seguendo aggiornati ed efficaci criteri di lotta e cercando di integrare il lavoro delle istituzioni (telefono amico, centri malattie a trasmissione sessuale e altro) che già esistono sul territorio, fornendo così anche un importante lavoro di informazione nei luoghi a frequentazione gay.

Ma non è tutto. Secondo il progetto, tre operatori all’interno dell’organizzazione nazionale avrebbero effettuato per un week-end al mese “la supervisione”: una sorta di controllo di qualità del servizio offerto dai circoli. La durata del lavoro sarebbe stata di un anno.

Il progetto presentava poi un bibliografia completa e un preventivo spese per un totale di centocinquanta milioni.

 

Analizzandolo appare indubbiamente innovativo; com’è possibile che nel passaggio dalle teorizzazioni progettuali alla campagna pratica sia stato completamente stravolto e che ad oggi risulti misconosciuto?

Vincenzo Capuano ha condotto le trattative con il Ministero della Sanità da marzo a maggio 1999. “Io per un anno sono stato solo. Quelli del Ministero ci girano come vogliono: pensa che volevano per una campagna di lotta all’Aids un volantino che non parli di sesso ma della malattia. È stata una battaglia. Se i signori avessero deciso di scrivere sui volantini che il sesso fa male potevo solo decidere se aggiungere o meno la firma (sic!) dell’Arcigay. I profilattici il Ministero non li fornisce ed ha accettato la campagna per tenere buoni gli omosessuali”.

A luglio si è arrivati ad un accordo sui testi dei volantini ministeriali da produrre: niente testi espliciti, niente fondi per la formazione dei volontari perché secondo il Ministero l’Arcigay aveva esperienza in questa materia ed operatori volontari già formati, ma niente simbolo Arcigay sui volantini: l’associazione avrebbe soltanto posto la dicitura “in collaborazione con ARCIGAY” in quanto disconosceva la campagna così formulata.

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All’Arci è stato assegnato un finanziamento di centoventi milioni e altri contributi successivi per stampare il volantino richiesto originariamente, dove però non sarebbe comparso il simbolo del Ministero.

Purtroppo poi un’interrogazione parlamentare di Gianfranco Fini contro un opuscolo prodotto dalla Lila, e finanziato dal Ministero, sulla riduzione del danno da droghe, considerato da AN un incitamento all’uso di extasy ha fatto sì che Rosy Bindi, Ministro della Sanità, cancellasse tutti i finanziamenti per materiali autoprodotti dalle associazioni.

L’ipotesi su cui l’accordo era stato fatto è così sfumata nonostante le proteste dell’Arci presso il Ministero.
Infine una lettera di Capuano del 28 gennaio 2000 ai circoli Arci accompagna il materiale informativo prodotto dal Ministero che avrebbe dovuto essere pronto almeno sei mesi prima… ma la campagna non doveva durare un anno?

 

Così com’è arrivato il materiale non ha più nulla a che vedere con il progetto iniziale. Il volantino propone una serie di domande e risposte squisitamente “mediche” sulle cause di infezione, sul virus, sulle mucose vulnerabili, sulle vie di trasmissione e sulle altre malattie a trasmissione sessuale e risulta più simile ad un compendio di immunologia spicciola per educande che ad un vero supporto informativo per omosessuali.

Il cartoncino, disponibile in quattro colori riporta una domanda a risposta multipla: ”Vorrei: conoscerti, baciarti, fare sesso con te” uno spazio per inserire il proprio nome e numero telefonico, il “Numero Verde Aids“ del Ministero della Sanità e la frase “Se ti innamori di un ragazzo e decidi di stare insieme a lui, è necessario che tutti e due facciate il test HIV. Se siete entrambi sieronegativi potete decidere se continuare ad usare il preservativo o no, con più consapevolezza e onestà. Abbiamo tutti una parte nel fermare l’HIV”. La richiesta iniziale voleva almeno quattro frasi diverse da porre sui cartoncini… dobbiamo accontentarci di cartoncini di quattro colori diversi; diversificare le frasi sarebbe stato troppo costoso.

Sono stati stampati sessantamila volantini e centomila cartoncini. Secondo dati Oms gli omosessuali italiani sono quattro milioni e duecentomila. Facendo una rapido calcolo dovrebbe essere stato distribuito quindi un volantino ogni settanta omosessuali e un cartoncino ogni quarantadue: i dati non hanno bisogno di commento.

 

“Fin dall’inizio è stata intenzione dell’Arcigay garantire una distribuzione omogenea dei volantini, possiamo dire infatti che in metà del paese l’Arcigay non esiste per niente od esiste solo sulla carta. Nel meridione tutta la campagna è stata portata avanti dal Nazionale (l’Arcigay di Bologna N.d.R.)”, afferma Giacomo Andrei, presidente del circolo di Siena. Catania, per fare il nome di un circolo a caso, non ha saputo nulla della campagna e non ha avuto alcun tipo di materiale… vero è che non fa parte dell’Italia meridionale bensì di quella insulare…!

Se per il meridione la questione è così risolta, i circoli che hanno distribuito il materiale nel settentrione lamentano (con la volontà di rimanere anonimi) il numero esiguo di volantini che sono terminati quasi subito. Fatto sta che in molti locali del circuito “Uno” (Il circuito commerciale Arcigay) tali volantini non sono nemmeno apparsi. Unica nota positiva è che oltre ai quindici circoli scelti dalla segreteria hanno richiesto materiale altri sette circoli che, con mezzi modesti, hanno cercato di organizzare iniziative non connotate soltanto alla distribuzione di volantini giudicati per lo più carenti.

Per quanto riguarda il corso di formazione Capuano, cui va un encomio per l’insistenza con le istituzioni risultata purtroppo infruttuosa, dice “partirà in futuro i fondi devono ancora arrivare” …nessuno sa quando.

Una rassegna sulla situazione internazionale della lotta all’Aids pare in questa sede inopportuna in quanto getterebbe maggior discredito alla campagna italiana di quest’anno.

A chi attribuire le colpe?

Il Ministero della Sanità si è comportato vergognosamente. Miserrimo è il contributo per una campagna nazionale, irrilevante il numero di volantini che così prodotti sono a dir poco inutili.

L’Arcigay non è però scevro di colpe. È assurdo che su una campagna disconosciuta si sia posta la collaborazione. È incredibile che si consideri nazionale una campagna per la lotta all’Aids in quindici città ed è triste che per le questioni omosessuali l’Arci riesca ad ottenere fondi solo dalla lotta all’Aids e che dopo vent’anni di movimento non abbia una maggior forza contrattuale anche con le sinistre al governo. Non è chiara nemmeno la situazione finanziaria. Il presidente nazionale Lo Giudice afferma che il budget dovrebbe essere di centoventi milioni, Andrei un centinaio di milioni e una lettera spedita ai circoli da Capuano trentanove milioni.

Non è tutto… il numero verde Aids del Ministero della Sanità riportato dai volantini distribuiti (800861061), composto ripetutamente in orari diversi, è sempre risultato occupato.

Si attribuirà la colpa al Ministero, ma l’Arcigay non poteva accorgersene e denunciare il fatto?

Ci si dovrà accontentare anche per il duemila di una campagna fantasma. L’Aids intanto continua a colpire nel vergognoso silenzio di uno stato che se ne infischia e di un gruppo di omosessuali che spera che un volantino possa cambiare le cose. (Pubblicato in “Babilonia”, aprile 2000)

Stefano Bolognini ⋅

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