Visibilità gay ed istituzioni

Stefano Bolognini, Visibilità gay ed istituzioni  in Paolo Pedote – Nicoletta Poidimani (a cura di), We will survive. Lesbiche, gay e trans in Italia, Mimesis, Milano 2007, pp. 167-186.

Dai Consigli Circoscrizionali, al Parlamento Europeo, tra sindacalisti, consiglieri e rappresentanti di partito, sempre più frequentemente omosessuali, transessuali o lesbiche visibili, occupano cariche istituzionali. Il fenomeno è pionieristico ed inesplorato dalla saggistica.

Ricostruiremo, allora, il quadro articolato della politica istituzionale gay, a partire da un censimento dei rappresentanti glt[1]. Analizzeremo poi, attraverso le testimonianze dirette dei protagonisti, il loro operato cercando di individuarne i possibili sviluppi futuri.

Fuori e dentro le istituzioni

Omosessuali e lesbiche italiani, pur occupando da sempre cariche istituzionali, hanno nascosto il proprio orientamento fino agli anni Settanta: solo una congettura sulla presunta omosessualità di un amministratore, se pubblica, poteva avere conseguenze catastrofiche sulla carriera, come lucidamente ricorda Enzo Biagi: «Cesare Merzagora[2], candidato alla Presidenza della Repubblica, fu fregato perché misero in giro la voce che era gay[3]».

Così, dall’Unificazione in poi, l’omosessualità acquisirà valore politico solo come arma per diffamare l’avversario e avremo notizia di politici omosessuali, o presunti tali, nel chiacchiericcio dei pettegolezzi o in scandali montati debitamente dalla stampa.

E’ il caso di Luigi Pissavini[4], «privato della qualità di senatore»[5] nel 1888, per «incitamento alla corruzione» di numerosi ragazzi e di Liberato Pezzoli, parlamentare fascista, sospeso «da ogni attività politica e sindacale» perché pizzicato dalla polizia intento in «rapporti pederastici passivi con alcuni giovani»[6].

Ancora, nell’Italia repubblicana, il deputato monarchico Vincenzo Cicerone sarà obbligato a ritirarsi dall’androne politico per «un tremendo scandalo provocato dal veto da lui posto al matrimonio del proprio ‘segretario’ [si legga amante, NdR]»[7].

Così, almeno fino agli anni Settanta, in un’Italia nella quale la diversità sessuale era considerata un vizio (e vissuta nel più stretto riserbo), la politica italiana si occupò istituzionalmente di omosessualità solo in rare occasioni.

E’ il caso della depenalizzazione del reato di omosessualità voluta da Giuseppe Zanardelli[8] e per timidi tentativi, al contrario, di rendere la legislazione punitiva per gli omosessuali nel corso de dibattito per l’approvazione del Codice Rocco[9] , con lo scandalo dei «balletti verdi»[10] e nel corso del processo per plagio all’intellettuale Aldo Braibanti[11].

Solo con l’apparizione di una militanza gay organizzata l’omosessuale incomincia a sentirsi soggetto politico ed a rivendicare diritti.

Un primo tentativo, finora inedito, di organizzare una embrionale forma di pressione politica gay è da far risalire addirittura al 1947, in seguito alla brutale uccisione di un omosessuale a Genova, quando «alcuni omosessuali sottoscrissero una petizione che mirava alla loro protezione contro questo genere di delitti che si diceva essere organizzati da una setta di individui anti-omosessuali»[12]. Di questo tentativo si perdono, purtroppo, le tracce.

Dovremmo attendere il 1971, ed una mutata situazione internazionale, per la nascita del fuori!, il primo gruppo organizzato di militanti gay italiani.

Il fuori! con l’obiettivo principale di dare visibilità agli omosessuali incominciò a muovere i primi passi in politica nel 1974 federandosi con il Partito Radicale con l’intento di costituire un rapporto organico con le Istituzioni.

Il legame, grazie al meccanismo di rotazione, porterà Angelo Pezzana, leader e anima del gruppo gay ad essere eletto per il Parlamento, primo omosessuale visibile nella storia della Repubblica.

Pezzana rifiuterà il seggio: «Nel 1979 sarei dovuto subentrare a Mauro Mellini, eletto a Genova per primo, ma non ho accettato di entrare in Parlamento. Non mi piaceva la politica in senso professionale e avevo l’impressione che fare il deputato ‘frocio’ non avrebbe portato a nulla. Guardando a quello che succede oggi, avevo ragione. All’epoca, poi, avevamo la coscienza di essere tutti contro una società omofoba, ma, a livello di proposte legislative, eravamo al medioevo, solo nel nord-Europa c’era qualche legge per le coppie di fatto» [13].

Solo dagli anni Ottanta, con l’urgenza della mobilitazione sull’aids e la percezione di parte della comunità gay della fine della fase movimentistico più radicale si arriverà ad una maggiore dialettica con le Istituzioni.

Saranno Arcigay e Arcilesbica, all’inizio degli anni Ottanta, ad interpretare l’eredità del primo movimento gay con un’organizzazione operativa su tutto il territorio nazionale in grado di sviluppare una pressione politico-mediatica fuori dalle istituzioni inizialmente e, pochi anni dopo la fondazione, nettamente inclusiva degli omosessuali nelle stesse.

I reiterati tentativi, degli anni Ottanta, di dotarsi di una rappresentanza politico-istituzionale incominciarono a dare buoni frutti, complice anche un’agenda politica chiara e strutturata[14], negli anni Novanta portando, almeno in fase embrionale, alla nascita di una classe politica di gay italiani visibili.

Un trattamento separato merita il percorso dei transessuali nella conquista di una rappresentanza politica.

Il MIT – Movimento italiano transessuali – nasce nel 1979. Solo tre anni dopo i transessuali otterranno una legge[15] per la «rettificazione di attribuzione di sesso».

La battaglia politica,a  questo punto, si concentrerà nell’alveo culturale con la richiesta di diritti civili, sociali e di piena cittadinanza piuttosto che per l’occupazione di cariche pubbliche.

Come vedremo, in Italia però, caso raro al mondo, i transessuali riusciranno ad esprimere una rappresentanza diretta con Marcella di Folco in Consiglio Comunale a Bologna e il transgender Vladimir Luxuria in Parlamento.

 

Circoscrizioni, Municipi e Consigli di quartiere

 

La comunità gay si affaccia al primo anello della rappresentanza istituzionale nel 1995 quando Marcella di Folco, presidente del Movimento italiano transessuali, è eletta nelle liste dei Verdi a Bologna.

A questo livello, anche per la scarsa autonomia di spesa dell’istituzione, la politica gay è difficile: «In un Municipio – spiega Alfredo Capuano, consigliere gay di lungo corso, dal 1997 per il pds e poi per i ds, al decimo Municipio di Roma [le circoscrizioni hanno assunto a Roma il nome di Municipi nel 2000, NdR] e attualmente Assessore municipale – non ci sono grandi possibilità per le politiche sui diritti civili. Ho una delega sulle scuole del territorio e in collaborazione con altri soggetti ho la possibilità di promuovere assemblee e percorsi istituzionali. Stiamo lavorando per la promozione nelle scuole di corsi contro l’omofobia[16]».

Nonostante le difficoltà, Capuano è riuscito a far approvare una mozione per l’istituzione di un Registro simbolico delle coppie di fatto che ha suscitato un vero e proprio terremoto politico e un effetto di pressione sul Consiglio Comunale capitolino, a maggioranza di centro-sinistra, ma ad oggi sordo a qualsiasi ipotesi di regolamentazione o riconoscimento delle famiglie di fatto.

Anche Gigi Malaroda, militante di lungo corso e presidente della Sesta Circoscrizione di Torino dal maggio 2006, lamenta scarse possibilità per una politica gay a livello circoscrizionale se «per politica si intende la possibilità reale di miglioramento delle vite dei cittadini».

Malaroda però sottolinea quanto la visibilità di un amministratore gay sia importante e necessaria nella battaglia di sensibilizzazione alla diversità: «In occasione del Torino Pride 2006 mi sono presentato in Consiglio con una spilla della manifestazione suscitando un’immediata interrogazione di an. Ad un dibattito recente sulla solitudine non ho avuto alcun problema a fare riferimento alla mia lunga militanza nell’associazionismo gay in riferimento alle difficoltà dei giovani ad esprimersi nei contesti omofobi. L’educazione alla visibilità è un elemento fondamentale nella rappresentanza politica. Ricordo un consigliere che scherzando diceva ‘Così lo prendiamo in culo!’. Gli ho chiesto solo‘Godendo o non godendo?’. Dopo un momento di imbarazzo mi ha ringraziato, la mia battuta l’ha aiutato a riflettere sull’esperienza della diversità e su quanto possa mettere in discussione i meccanismi del linguaggio che nella rappresentazione politico-culturale conserva molta omofobia[17]».

In ambito circoscrizionale è da segnalare anche l’esperienza romana di Antonio Trinchieri, verde e consigliere nel Primo Municipio dal 2001 al 2005, che fu propulsiva per la fondazione di Arcigay «Ora» Roma, gruppo nel quale crescerà politicamente Alessandro Cardente, oggi presidente del iv Municipio di Roma.

L’impegno di Cardente per la comunità gay, al di là di una infelice dichiarazione da neo-eletto[18], si è espressa con l’ospitalità nelle sale della Circoscrizione per la commemorazione di Paolo Seganti, un omosessuale ucciso barbaramente a Roma.

Lo scarso spazio di manovra per gli omosessuali nelle Circoscrizioni non impedisce alle stesse di mettere in campo politiche omofobe come nel caso, occorso a Livorno nel marzo del 2004,  della Circoscrizione Torre del Lago Puccini, a maggioranza di centro-destra, che non autorizzò la manifestazione estiva gay «Mardi Gras» per «motivi di ordine pubblico».

Consigli Comunali

Gli omosessuali si affacciano ai Consigli Comunali a partire dagli anni Ottanta. Tra i primi eletti Paolo Hutter, a Milano dal 1985 al 1997 e poi assessore dell’Ambiente a Torino dal 1999 al 2001, Luigi Cerina, sieropositivo dichiarato, eletto nel 1989 a Roma nelle liste dei Radicali Antiproibizionisti, Angelo Pezzana, consigliere a Torino dal 1990 al 1993, Flavio Arditi a Empoli, Franco Grillini, Beppe Ramina e Marcella di Folco, a Bologna dal 1995 al 1999, quest’ultima prima trans che si occuperà in ambito istituzionale di diritti dei transessuali con «l’approvazione – ricorda – di un documento che consentiva che si potesse scrivere sulla carte identità dei transessuali maschi “evidenti caratteri femminili”» [19].

Erano anni difficili per gli omosessuali visibili e il ruolo del consigliere, come sottolinea Renato Sabbadini, già presidente di Arcigay Bergamo e consigliere nella città lombarda dal 1995 al 1999 e dal 2002 al 2004 aveva una valenza meramente simbolica: «La sola presenza di un consigliere gay, tra le poche figure visibili in una città come Bergamo, ha fatto il suo effetto. In Consiglio non si dava più per scontato che si era tra eterosessuali»[20].

Solo con il 2000, ed il World Pride a Roma in concomitanza con il Giubileo, che portò in piazza almeno un milione di persone, si delinea un ipotetico spartiacque nel ruolo assunto dagli omosessuali nei consigli comunali.

La battaglia per i diritti sarà codificata e gli obiettivi generalizzati (registri per le unioni civili o applicazione della legge anagrafica alle coppie di fatto in primis) e si passerà da un quasi ruolo meramente simbolico e di testimonianza, fermo restando alcune differenze nell’operato dei singoli consiglieri, ad una vera e propria organizzazione di lobby di pressione, con la collaborazione molto stretta tra i gruppi di militanti e i consiglieri gay, che costringe tutti gli amministratori, sovente malvolentieri, a farsi carico delle richieste della comunità glt.

È il caso di Alessandro Zan, maturato in Arcigay ed organizzatore del Gay Pride di Padova del 2002 che entrerà in Consiglio Comunale nel giugno 2004 anche per il successo politico della manifestazione.

Zan si rappresenta, senza imbarazzi, come un politico gay: «In Consiglio ho incrementato la mia battaglia gay, anche e soprattutto grazie al contatto con l’associazionismo. Abbiamo organizzato una campagna di sensibilizzazione contro l’omofobia, avviato un Ufficio per il superamento delle discriminazioni, ottenuto una prestigiosa sede per l’associazione dopo ben quindici anni di richieste inascoltate. A fine 2006, infine, abbiamo ottenuto l’istituzione del Registro anagrafico per le unioni civili che ha prodotto un dibattito nazionale e la nostra città è inserita nel progetto città sane attraverso il quale abbiamo ottenuto finanziamenti per l’acquisto di preservativi e lubrificanti che distribuiamo nella comunità gay[21]».

«A differenza di Padova, ad Ivrea il percorso è stato a ritroso» dichiara Andrea Benedino, dal 2000 al 2003 presidente del Consiglio Comunale della città e oggi assessore all’Istruzione. «Ero presidente del Consiglio, e il Registro già esisteva grazie ad una battaglia che avevo condotto, da non dichiarato, insieme a tutto il gruppo consiliare. Il mio coming out e la successiva discussione sui media hanno fatto emergere la volontà della comunità locale di avere un gruppo di militanti: in pochi mesi abbiamo fondato il circolo Arcigay Ottavio Mai».

Il coming out di Benedino, politicamente, non è stato motivo di scandalo e nessuno schieramento ha fatto della sua omosessualità motivo di attacco ma, «Con il passare del tempo – confessa – mi sento più vulnerabile. Nel 2006 un giornale locale ha strumentalizzato alcune mie dichiarazioni sul Papa e ho subito una sorta di processo alle mie opinioni. L’ho giudicato il primo segno di quanto la militanza omosessuale infastidisca alcune forze politiche”[22].

Sergio Lo Giudice, presidente di Arcigay e consigliere comunale di lungo corso a Bologna si trova, al contrario, in una realtà avvezza alla presenza di consiglieri glt: «Bologna ha da molto tempo consiglieri espressione della militanza ed un Consiglio sensibile al rispetto e alla promozione dei diritti della comunità gay. Sette anni fa ha riconosciuto la famiglia affettiva e sul finire del 2006 abbiamo approvato all’unanimità, con anche i voti del centro-destra, una mozione per l’estensione della legge antidiscriminatoria, la così detta legge Mancino, ai reati di omofobia. L’unanimità testimonia quanto la presenza di specificità gay rafforzi la politica in questo senso con un’attenzione costante ai nostri temi»[23].

Per Lo Giudice la sensibilità omosessuale degli amministratori promuove anche i diritti delle minoranze in genere: «Ho proposto personalmente la figura di un garante per i detenuti e un impegno sul diritto di voto agli immigrati. Il politico omosessuale è sensibile, alle volte più di altri, all’estensione di diritti a tutte le diversità».

Ancora, tra i rappresentanti gay spicca Fabio Omero, consigliere comunale a Trieste dal 1997 e segretario provinciale ds, che, in questa sede, apre uno scorcio sulla doppia rappresentanza, quella di consigliere e quelle di membro che riveste una carica elettiva in un partito[24]: «A Trieste non esiste un Registro delle unioni civili, ma c’è stato un lungo dibattito sull’argomento, ma siamo all’opposizione. Sono stato vittima diretta di omofobia quando il sindaco di Forza Italia, in un paese russo, ha ricevuto in dono dall’Ambasciatore una mazza e ha commentato: «Questa la daremo ad Omero». Come segretario provinciale dei ds seguo tutte le partite con il rischio di essere distratto da tematiche specifiche, anche se posso vantare un impegno costante di tutta la federazione dei ds sui diritti civili. Anche qui però quando si è ventilata l’ipotesi che potessi assumere il ruolo di segretario di federazione alcuni padri del partito si sono rivolti addirittura al presidente nazionale, Piero Fassino. Lui ha solo ribadito che nessuno poteva impedirmi di diventare segretario, e mi fa sorridere il fatto che si siano dovuti rivolgere inutilmente così in alto»[25].

Enrico Pizza, infine, è consigliere comunale ad Udine. «Credo che il coming out – lamenta – abbia ritardato la mia carriera politica. Sono stato più di altri sotto osservazione, ma è un po’ la storia di tutti noi gay: dobbiamo dimostrare di essere tre volte bravi per essere considerati uguali agli altri». Pizza vanta l’approvazione di un ordine del giorno per la prevenzione del bullismo omofobico nella scuola e nota la sua «diffidenza per il Registro delle unioni civili che ha valenza solo simbolica», si è mosso per la parità di diritti delle coppie attraverso una applicazione estensiva della legge anagrafica.

Sempre in ambito comunale, nel nostro paese opera un solo sindaco omosessuale, Rosario Crocetta, eletto a Gela. Crocetta, molto impegnato nella lotta alla mafia tanto che vive sotto scorta, non ha alcun rapporto con la militanza gay e rappresenta un elemento di totale discontinuità rispetto a quanto visto fino qui, con un approccio contraddittorio alla battaglia gay, stando almeno alle dichiarazioni[26] che ha rilasciato alla stampa.

Ancora, a questo livello, operano alcuni militanti gay nel ruolo di consiglieri di sindaci come Piero Montana, consulente del sindaco Pino Africano per la realtà omosessuale di Bagheria[27], una piccola cittadina siciliana, dal febbraio 2002, Enrico Fusco consigliere del sindaco di Bari per le Pari Opportunità e Vanni Piccolo, primo a rivestire il ruolo, come consigliere del sindaco di Roma Francesco Rutelli per i diritti civili delle persone omosessuali dal 1994 al 1997: «Era un incarico volontario, e senza budget», sottolinea. «Avevo un ufficio, con un numero di telefono che appariva tra quelli del Comune e potevo organizzare iniziative culturali ed utilizzare le sale del Comune.  Ho un ricordo del Campidoglio pieno di trans per la presentazione di un libro. Era un fatto assolutamente nuovo e culturalmente importante, e gli uscieri erano sbigottiti. La vittoria politica più grande è stata il sostegno economico e istituzionale al Pride di Roma del 1994, a cui ha partecipato lo stesso Rutelli».

Il lavoro dei rappresentanti gay nei consigli comunali, riassumendo, si esprime in due direzioni. Da una parte con interventi culturali tesi all’accettazione dell’omosessualità, (organizzazione di conferenze e dibattiti pubblici, campagne contro l’omofobia, attribuzione di patrocini alle manifestazioni gay, solidarietà alle vittime di discriminazione, sinergie con l’associazionismo e altro) dall’altra con provvedimenti meramente politici.

È il caso, ad esempio, dell’approvazione di Registri simbolici delle unioni civili ottenuta con mozioni e ordini del giorno, su cui si è concentrata la politica gay a questo livello.

Tutti gli amministratori gay che hanno un’attenzione peculiare per le problematiche della comunità omosessuale, ci tengono a sottolineare, infine, che la loro attività politica, come quella di ogni altro amministratore, non è esclusivamente rivolta alla comunità omosessuale.

Le province

«Il ruolo delle Province – spiega Edoardo Del Vecchio, eletto a Roma e tra i pochi omosessuali visibili, a questo livello istituzionale – si esplica nella fornitura di servizi per lo più al territorio prima ancora che alla persona. Possiamo però svolgere un ruolo importante nel campo dell’informazione e della prevenzione, in particolare verso gli istituti scolastici superiori, con azioni integrative ai Piani dell’offerta formativa che vanno proprio nella direzione di un’educazione sessuale consapevole, dell’educazione al riconoscimento e all’incontro con le diversità, qualunque esse siano, per superare i pregiudizi».

Per l’amministratore, che dichiara di non occuparsi «solo di queste tematiche, non essendo eletto in quanto espressione della comunità glbt»,  non è facile «far recepire ad un’Amministrazione che non si tratta di interventi ‘di nicchia’, ma azioni indispensabili per creare una nuova coscienza collettiva solidale e inclusiva, richiede un impegno  straordinario» [28].

Più focalizzato nella lotta per i diritti gay l’operato di Agata Ruscica, prima rappresentante istituzionale lesbica che incontriamo e che ha rivestito il ruolo di assessore alle Pari Opportunità nella Provincia di Siracusa ed attualmente è portavoce del presidente della stessa Provincia.

«Con la collaborazione di Arcigay – dichiara – abbiamo organizzato una campagna di sensibilizzazione all’aids, rivolta a tutta la popolazione. Nel regolamento della Commissione di Parità, approvato in Consiglio, abbiamo inserito un passo che invita specificamente la commissione a rimuovere le discriminazioni per orientamento sessuale».

La Ruscica ricorda l’esperienza come positiva: «Ero assessore non eletto ma cooptato, e la destra locale si è scatenata contro il mio presidente, che aveva nella sua squadra una persona della comunità glbt. La gente ci ha difesi e premiati e ho cercato di essere un assessore di tutti».

Ancora due donne, Giovanna Camertoni e Germana Sgalla, fanno parte della Commissione Provinciale per le Pari Opportunità rispettivamente a Trento e Ancona.

L’esperienza della Camertoni, di donna e lesbica, è stata dura: «Ho incontrato, almeno all’inizio, diffidenza e tentativi di zittirmi. Sono stata accusata di portare ‘metodi maschili’ in Commissione e una referente istituzionale dei Verdi ha minimizzato le discriminazioni che colpirebbero le lesbiche paragonandole a quelle delle donne in menopausa. Ogni appiglio, poi, era buono per ‘contenere’ la mia voglia di portare la tematica lgbt in Commissione. Con il dialogo, la conoscenza reciproca, e una cospicua dose di testardaggine personale, è arrivata una specie di disgelo e siamo riusciti ad organizzare una ricerca, di Chiara Bertone e Valeria Cappellato dell’Università di Torino, dal titolo La promozione della parità per i diversi orientamenti sessuali: spazi di azione per gli Enti Locali, e abbiamo organizzato un convegno sulla discriminazione e la Commissione si é espressa a sostegno dei Pacs»[29].

Ha rivestito il ruolo di consigliere provinciale di Andria Nunzio Liso; consigliere è, per molti anni, dal 1990, Franco Grillini a Bologna, che sintetizza: «Le competenze delle Province per operare per i diritti e la visibilità gay sono modeste. Comunque ero riuscito a far approvare una mozione sui diritti delle coppie conviventi delle coppie gay» [30].

Le Regioni

Apripista per la comunità gay ai consigli regionali è stato Angelo Pezzana, consigliere in Piemonte dal 1985 al 1990: «Ma, all’epoca – ricorda – non si parlava ancora di leggi regionali per garantire diritti civili agli omosessuali» [31].

Dopo di lui, dal 1990 al 1995, Enzo Cucco sarà eletto, nella stessa Regione, e assumerà il ruolo di assessore alla Sanità nel 1995: «Di sicuro la mia visibilità era totale, ma non ci furono mai battaglie specifiche sull’omosessualità. Allora non ci si confrontava ancora sui diritti civili, e per la lotta all’aids ho fatto molto di più come consigliere che come assessore. Come omosessuale fui attaccato una sola volta da un missino, per una iniziativa di distribuzione di preservativi, in bar e tabaccherie, che suscitò vastissime polemiche. Sosteneva che l’iniziativa fosse ‘depravata’ e che non ci si potesse aspettare altro da uno con il passato come il mio, con un’allusione evidente alla mia omosessualità. Molti consiglieri mi difesero»[32].

Dopo quegli anni la comunità glt non ha espresso altri amministratori visibili in ambito regionale, anche se, a questo livello sono molti gli spazi per un politica di miglioramento della vita degli omosessuali: «In Piemonte, – continua Cucco – il Pride di Torino del 2006 è stato sostenuto con forza dalla presidente Mercedes Bresso, e le Regioni hanno ampia competenza legislativa come mostrano i tentativi di far approvare leggi antidiscriminatorie. Ancora dalle Regioni si può lavorare molto sulle scuole per la prevenzione della discriminazione».

L’assenza di omosessuali visibili, la cui consistenza numerica si assottiglia, man mano si salgono i salini del potere, è supplita dalle pressioni, sovente forti, o da consiglieri vicini alla militanza gay.

Così, ad esempio, la Toscana si è dotata di una legge antidiscriminatoria anche relativa alle discriminazioni gay ed una proposta simile è in discussione in Emilia Romagna.

Spicca poi, nel panorama regionale, l’elezione di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia.

La sua carriera incomincia nei primi anni Ottanta quando lo troviamo, in veste di obiettore di coscienza, a fianco di Don Marco Bisceglia, sacerdote che aveva abbracciato la causa dell’omosessualità che diede battesimo ad Arcigay.

Nel marzo 1985 Vendola sarà eletto nella Segreteria nazionale della fgci, primo attivista omosessuale dichiarato ad occupare un posto di responsabilità a livello nazionale a Botteghe Oscure e nel 1992 entrerà alla Camera dei Deputati. Nelle elezioni successive sarà sempre rieletto.

Il suo impegno parlamentare, a tutto tondo, è contraddistinto per un’attenzione ai diritti gay, mai però tra gli obiettivi principali della battaglia politica, tanto da essere ricordato più per il suo impegno nella Commissione antimafia che come uno dei pionieri nella presentazione di proposte di legge per le unioni civili e leggi antidiscriminatorie, proposte che non entreranno mai nel vivo della discussione delle Camere.

Nel 2005 Vendola ottiene il 49,8% dei consensi alle consultazioni regionali, sovvertendo i pronostici, che lo davano in netto svantaggio rispetto al candidato di centrodestra.

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La sua elezione è salutata come una vittoria dalla comunità gay: «Ha detto bene Nichi Vendola all’indomani dell’inattesa vittoria che l’ha portato sulla poltrona di presidente della Regione Puglia: ‘Un risarcimento per tutti i gay italiani’. La dimostrazione, cifre alla mano, del fatto che essere un omosessuale dichiarato, sicuro della propria dignità e delle proprie ragioni, non è più quell’ostacolo elettorale insormontabile che eterosessuali di destra e di sinistra hanno fino a ieri invocato, a tutela della propria ‘naturale’ ed esclusiva capacità di rappresentanza»[33], ma anche con qualche dubbio: «Non aspettiamoci, in ogni caso […] che Bari diventi d’un botto una seconda San Francisco. È legittimo però augurarsi che Vendola faccia tesoro di una sensibilità e di uno stile di Governo inclusivo»[34].

In effetti Vendola, che continua la sua politica generalista, è rimasto, se non concentrato, attento all’omosessualità con l’approvazione, tra polemiche, di una legge sui servizi sociali per la dignità e il benessere dei cittadini e delle cittadine di Puglia che offre, nel quadro della legge nazionale vigente, benefici per le coppie di fatto, gay ed eterosessuali, in situazioni di debolezza. Sembra però non essere ancora nell’agenda politica del presidente una legge antidiscriminatoria anche per gli omosessuali.

Parlamento, Governo e Ministeri

Il primo parlamentare gay eletto in Italia, se si esclude Angelo Pezzana che rifiuterà il seggio, è, come abbiamo visto, Nichi Vendola.

Dal 2001 la truppa di parlamentari visibili si fa più nutrita con l’elezione di Franco Grillini nelle liste dei Democratici di Sinistra e Titti De Simone per Rifondazione Comunista.

Sarà Grillini, candidato espresso da Arcigay, il parlamentare più attivo sul tema dei diritti degli omosessuali con un disegno di legge, di modificare l’articolo 3 della Costituzione per aggiungere l’orientamento sessuale tra le condizioni di uguaglianza e pari dignità dei cittadini e progetti di legge contro la discriminazione per orientamento sessuale e la prevenzione dell’aids.

Risale al 21 ottobre 2002 la celebre proposta sul Pacs («Disciplina del patto civile di solidarietà e delle unioni di fatto») firmata da 161 parlamentari del centro-sinistra e prima ed unica proposta sull’argomento nella storia italiana ad essere discussa in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati.

Titti De Simone, che, come Vendola ha abbracciato una politica generalista, da parte sua, ha presentato disegni di leggi simili, a cui si aggiunge una norma per l’adeguamento del nome per i transessuali senza il ricorso all’operazione chirurgica.

«La scorsa Legislatura – ci spiega la parlamentare – con il governo delle destre, ha portato al declino morale e culturale il nostro Paese. L’elezione di omosessuali è però sintomatica di processi che nella società sono maturi mentre in rappresentanza politica hanno tempo più lunghi. Quella dei parlamentari gay è stata una lotta di opposizione dura contro i processi regressivi, penso a Genova, alla guerra in Iraq, a cui abbiamo fatto da barriera portando la questione glbt nell’agenda politica della maggioranza» [35].

In effetti la legislatura targata centro-destra è priva di pronunciamenti favorevoli all’omosessualità (ma contraddistinta anche dalla ricezione di norme europee per i diritti gay in senso restrittivo e scaduta, sovente, in insulti diretti ai gay da parte di alte cariche dello Stato).

Le elezioni dell’aprile 2006 hanno catapultato, questa volta nella maggioranza, i parlamentari che abbiamo incontrato, in un clima, almeno sulla carta, nuovo: il programma elettorale dell’Unione si propone di risolvere uno degli obbiettivi, ormai ventennali, della battaglia della militanza gay: «L’Unione proporrà il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di un’unione di fatto, non è dirimente il genere dei conviventi né il loro orientamento sessuale. Va considerato piuttosto, quale criterio qualificante, il sistema di relazioni (sentimentali, assistenziali e di solidarietà), la loro stabilità e volontarietà».

In un contesto ove almeno sulla carta l’impegno è sancito, la situazione, mentre scriviamo [siamo a gennaio 2007, NdR], appare fluida, e di difficile interpretazione, con le unioni civili che quotidianamente scaldano gli animi nella stessa maggioranza con posizioni che sembra che molto difficilmente potranno trovare una sintesi in armonia con le richieste del movimento gay.

L’impegno di Grillini e Titti De Simone è comunque costante e si accompagna a quello di Vladimir Luxuria, transgender neoeletta nelle liste di Rifondazione Comunista che apre la sua agenda politica ai diritti dei transessuali, con istanze per nulla visibili, fino ad oggi, nei palazzi del potere.

«Sto preparando – ci racconta – una proposta di legge per la piena cittadinanza della comunità transgender in Italia. Affronta tematiche quali la Sanità, come l’assistenza gratuita per coloro che chiedono di seguire il processo di transizione, sia per l’adeguamento dei tratti primari che secondari. Oggi poi solo alcune Regioni offrono gratuitamente ormoni ai transessuali e la legislazione va armonizzata e vorrei affrontare anche la questione del nome, sull’esempio della legge spagnola ed inglese che permettono il cambiamento di nome sui documenti, e qualsiasi dato riconducibile al genere anagrafico senza la modifica del sesso. La legge è complessa, e sono altre le richieste, tra queste l’abrogazione di un decreto del 1931 che prevede multe a chi è transessuale tacciandolo di mascheramento. Per la prima volta, se ci sarà la volontà politica, in Italia, entrerà in discussione una legge che si pone il problema di offrire piena cittadinanza e dignità a transessuali e transgender» [36].

Al Senato, infine, è stato eletto Gianpaolo Silvestri, tra i fondatori di Arcigay.

«Al Senato – ci racconta – ho avuto un’accoglienza molto buona, perché credo che il mio far politica da trentacinque anni parli di per sé al di là di alcuni pregiudizi, superati facilmente. Nella mia agenda politica affianco alla battaglia per la pace quella dell’ecologia e quella per i diritti di tutti. Sono, ad esempio, intervenuto in Senato elencando tutti i Paesi nei quali ci sono discriminazioni ai danni di gay. Hanno ascoltato tutti, e anche il centro-destra ha fatto dichiarazioni di solidarietà vicine a quelle della militanza gay. Sono favorevolmente colpito dall’attenzione ai temi glbt nell’aula» [37].

Silvestri e Grillini, sovente, si spalleggiano nelle iniziative relative ai diritti lgbt. La sinergia, come nel caso della presentazione di un ordine del giorno alla Finanziaria per garantire diritti ai conviventi anche gay, è funzionale al dibattito pubblico e alla visibilità delle problematiche lgt.

Il Parlamento italiano però, mentre scrivo e siamo al gennaio 2006, non ha ancora approvato alcuna legge a favore dell’omosessualità, se si esclude la cancellazione del divieto alla donazione di sangue degli omosessuali[38], o il riconoscimento di un vitalizio ad Aldo Braibanti, un omosessuale accusato di plagio nel 1968 tanto che la comunità ha indetto, per il 2007, una mobilitazione permanente sui diritti gay.

In Italia, infine, è totalmente assente una rappresentanza glt nei Ministeri, al di là della visibilità bisessuale del ministro Alfonso Pecoraro Scanio.

Una breve citazione merita infine l’esperienza di Gianni Vattimo, eletto nel Parlamento Europeo, dal 1999 al 2004, anche con l’aiuto della militanza gay. La sua esperienza, al di là di mozioni ed ordini del giorno relativi a questioni glt presentati[39], non ha lasciato una traccia consistente.

Quale futuro?

Gli amministratori omosessuali visibili hanno portato ad un’innegabile svolta nella politica italiana, costringendo le Istituzioni, che ritardano a rispondere, a farsi carico delle loro difficoltà e dei loro problemi o delle loro proposte tutte tese alla costruzione di un nuovo mondo nel quale gli omosessuali, fino a vent’anni fa, non avevano neppure la cittadinanza.

Lo sforzo prodotto ha avuto, fino ad oggi, una indiscutibile valenza simbolica, più utile però nella promozione della visibilità gay e nella sensibilizzazione degli strati profondi della popolazione all’omosessualità che portatrice di concrete riforme legislative.

Lo ribadisce, per tutti, Enrico Pizza: «Dimostrare che un consigliere comunale militante di Arcigay possa parlare di strisce pedonali piuttosto che di parchi alla pari degli altri colleghi, è sul piano culturale un enorme successo per la comunità. Credo sia questa la vera rivoluzione gay».

Mancano però all’appello concreti provvedimenti giuridici tesi al miglioramento della vita di cittadini glt, ed una reale incisività sulla classe politica italiana con la creazione di una cultura politica consolidata in merito alla dignità delle differenze.

Tutti gli intervistati, rievocando i loro successi, lamentano gli scarsi spazi di manovra, ma ci tengono a sottolineare le diversità di approccio.

Ad esempio Grillini, che rivendica con forza la «dignità di una politica omosessuale a tutto tondo» è quotidianamente impegnato con comunicati stampa, articoli, incontri, conferenze sull’omosessualità (anche se non mancano proposte di legge su divorzio breve, prostituzione, salute e aids) mentre Titti De Simone, che si spende «totalmente per i diritti civili degli omosessuali» è convinta «come comunista, lesbica, pacifista e ambientalista che tutte queste culture costituiscono un’idea di mondo e società precisa: insieme ai diritti civili ci sono diritti sociali, non ci può essere cittadinanza vera se sul posto di lavoro mancano diritti o nel mondo regna l’idea di guerra permanente».

La differenza di approccio è presente a tutti i livelli della politica tanto che Edoardo Del Vecchio, dichiara: «Io non credo esista una politica gay. Credo esista una questione dei diritti glbt, ma la politica non può e non deve essere incasellata o determinata sulla base di appartenenze, specie di orientamento sessuale».

I casi Vendola e Crocetta, la cui timidezza verso le tematiche glt fa spesso mormorare la comunità gay, sono però esemplificativi delle enormi difficoltà nelle quali operano gli amministratori gay apportatori sì di una sensibilità maggiore rispetto alle diversità, ma quotidianamente attenti a mediare con un mandato ricevuto dal basso, e quindi rappresentanti di tutti, e legati a maggioranze, ancora lontana un’adesione netta, ed anche una conoscenza approfondita, della questione omosessuale.

Oggi la volontà politica dell’amministratore visibile cozza violentemente con un alveo culturale arretrato, e, stando a quando confessano i politici intervistati, sembrerebbe urgente supplirli e affiancarli con la costruzione di una cultura diffusa dell’omosessualità a cui sono chiamati gli intellettuali e ad una maggiore visibilità della comunità gay che, chiamata in piazza, risponde ancora troppo timidamente.

Dal quadro emerge, inoltre, prepotentemente, la rara presenza di lesbiche nelle Istituzioni: «Il futuro della politica lesbica – ci spiega Giovanna Camertoni – sarà determinato da una parte dalle scelte che si vorranno fare in tema di parità per le donne in Italia e dall’altra dalle decisioni che verranno prese in riferimento alla tematica antidiscriminatoria».

Un’altra assenza di rilievo, in questa disamina, è quella di rappresentanti politici gay nelle destre, la cui esperienza in altri paesi si è dimostrata decisiva nella sensibilizzazione dei conservatori.

Per il futuro, in un panorama politico ancora troppo deludente per gli omosessuali e continuamente sollecitato dai veti cattolici su qualsiasi iniziativa tesa ad offrire diritti alla minoranza, Franco Grillini rinnova l’appello agli omosessuali visibili di perseverare nei tentativi di assumere incarichi amministrativi: «È necessario far si che in tutte le Istituzioni, dalla più piccola fino al Parlamento Europeo, sia presente una rappresentanza lgbt. Un gay visibile può porre direttamente le questioni che ci stanno a cuore nel vivo del dibattito e dove ci siamo abbiamo approvato Registri delle unioni civili, mozioni e ordini del giorno… In Parlamento abbiamo sviluppato un gigantesco lavoro sui diritti e siamo riusciti, grazie allo sforzo di tutti, dalla base ai vertici, a calendarizzare la legge sulle unioni civili. In veste di rappresentanti istituzionali abbiamo, poi, una responsabilità in più: siamo ogni giorno uno specchio per le nuove generazioni e possiamo mostrare quanto sia naturale il nostro orientamento al di là di ciò che dicono e farli sentire meno soli».



[1]Uso l’acronimo «glt» per gay, lesbiche e transessuali e non il più diffuso «glbt», con l’aggiunta di «b» per «bisessuali», perché pur essendo considerate virtualmente simili le battaglie glt a quelle bisessuali, queste ultime non hanno né un substrato di elaborazione politica né una piattaforma di rivendicazione (se non identica a quella più generale degli omosessuali), né esistono sul territorio nazionale organizzazioni di militanti o una storia codificata del movimento bisessuale. Per questo non approfondirò l’esperienza, molto vicina a quella «glt», del bisessuale Alfonso Pecoraro Scanio, attualmente ministro per l’Ambiente, e Daniele Capezzone, parlamentare della Rosa nel Pugno. Ancora, non uso glbtq, ove «q» sta per «queer» per le ragioni anzidette.

[2]Cesare Merzagora (Milano, 9 novembre 1898 – Roma, 1 maggio 1991), uomo politico italiano, fu presidente del Senato della Repubblica dal 25 giugno 1953 al 7 novembre 1967, durante tutta la ii e iii Legislatura e per quasi tutta la iv.

[3]Gianfranco Modolo, Colleghi sarà dura, parola di Biagi, in «la Repubblica», 12 giugno 1994.

[4]Luigi Pissavini (Mortara 1817 – Mortara 1898), deputato, senatore nelle legislature ix, x, xi, xii, xiii e nominato senatore il 16 marzo 1879. Da giovane aveva partecipato alle agitazioni patriottiche e coperto cariche amministrative nella sua città.

[5]Anonimo, La condanna di Pissavini, in «Corriere della Sera», 22-23 aprile 1888.

[6]Lorenzo Benadusi, Il nemico dell’uomo nuovo, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 269.

[7] Giò Stajano, Meglio l’uovo oggi, Quattrucci, Roma 1959, pp. 56–59.

[8]Vedi. Giovanni Dall’Orto, La tolleranza repressiva dell’omosessualità, in Arcigay nazionale (a cura di), Omosessuali e Stato, Cassero, Bologna 1988, pp. 37-57. Il saggio, aggiornato, è consultabile in Internet alla pagina: http://www.giovannidallorto.com/saggistoria/tollera/tolle2.html#1, ultima visita dicembre 2006.

[9]. Giovanni Dall’Orto, Fascismo dimenticato, in «Babilonia» N. 122 (maggio 1994), pp. 72-75. Il saggio è consultabile in Internet alla pagina http://www.giovannidallorto.com/saggistoria/fascismo/razzismo/razzismo.html, ultima visita dicembre 2006.

[10]Vedi il mio Balletti verdi, uno scandalo omosessuale, Liberedizioni, Gavardo (Brescia) 2000, pp. 89-90.

[11]V. Gabriele Ferluga, Il processo Braibanti, Zamorani, Torino 2003.

[12]Tullio Bandini e Francesco Filauro, I delitti contro la persona dell’omosessuale, in Medicina legale e delle assicurazioni, fasc. 4, 1964, p. 701.

[13]Angelo Pezzana, dichiarazione rilasciata all’autore, 4 dicembre 2006.

[14]Sugli obiettivi del movimento gay italiano si veda la pagina http://www.arcigay.it/show.php?1985, ultima visita dicembre 2006.

[15] Legge 14 aprile 1982, n. 164 pubblicata in «Gazetta Ufficiale», N. 106, 19 aprile 1982.

[16] Alfredo Capuano, dichiarazioni rilasciate all’autore.

[17] Gigi Malaroda, dichiarazioni rilasciate all’autore.

[18] Anonimo, Cardente: «Non sarà né Vendola né Grillini», in «Corriere della Sera», 31 maggio 2006. L’articolo è consultabile on-line all’url http://www.arcigaymilano.org/stampa/rs.asp?BeginFrom=570&ID=26653.

[19]Marcella Di Folco, dichiarazione rilasciata telefonicamente all’autore, 23 settembre 2006.

[20] Renato Sabbadini, dichiarazione rilasciata telefonicamente all’autore, 21 ottobre 2006.

[21]Alessandro Zan, dichiarazioni rilasciate telefonicamente all’autore, 3 dicembre 2006.

[22] Andrea Benedino, dichiarazioni rilasciate telefonicamente all’autore, 3 dicembre 2006.

[23]Sergio Lo Giudice, dichiarazioni rilasciate telefonicamente all’autore, 3 dicembre 2006.

[24]L’argomento della rappresentanza politica all’interno dei partiti meriterebbe un approfondimento a parte. Tra i rappresentanti di partito che occupano cariche elettive Anna Paola Concia e Andrea Benedino, membri della segreteria nazionale dei ds, Sergio Rovasio della Rosa nel Pugno, ed Enrico Oliari, eletto in alcuni consigli amministrativi a Bolzano per Alleanza Nazionale.

[25] Fabio Omero, dichiarazioni rilasciate telefonicamente all’autore, 7 dicembre 2006.

[26]Vedi Anonimo, Il sindaco in TV e alla radio: «Battaglia per i diritti degli omosessuali», in «La Sicilia», 7 maggio 2005. L’articolo è consultabile alla pagina http://www.gaynews.it/view.php?ID=32117, ultima visita dicembre 2006; Anonimo, Intervista a Rosario Crocetta, «La Sicilia», 28 aprile 2005. L’articolo è consultabile alla pagina http://www.gaynews.it/view.php?ID=31972, ultima visita dicembre 2006; Anonimo, Piacere Crocetta, in «La Sicilia», 10 marzo 2005. L’articolo è consultabile alla pagina http://www.gaynews.it/view.php?ID=31272, ultima visita dicembre 2006.

[27] Montana, contattato telefonicamente dichiara: «Con Africano abbiamo aderito a diversi Pride, pubblicato un mio libro di poesie e organizzato un convegno, nel 2004, per la Giornata mondiale contro l’omofobia. Rivendico a titolo personale, poi, l’approvazione di un ordine del giorno per un Registro delle unioni civili dal 2003… Siamo l’unica città in Sicilia ad averlo…», 20 dicembre 2006.

[28]Edoardo Del Vecchio, dichiarazioni rilasciate via e-mail all’autore, 30 novembre 2006, comprese le successive.

[29]Giovanna Camertoni, dichiarazione rilasciata via e-mail all’autore, 30 novembre 2006.

[30] Franco Grillini, dichiarazioni rilasciate all’autore, 16 gennaio 2006, comprese le successive.

[31]Angelo Pezzana, dichiarazioni rilasciate telefonicamente all’autore, 4 dicembre 2006.

[32] Enzo Cucco, dichiarazioni rilasciate telefonicamente all’autore, 13 dicembre 2006.

[33] Gianni Rossi Barilli, Veni Vidi Nichi, in «Pride», n. 71 (maggio 2005).

[34] Ibidem.

[35] Titti De Simone, dichiarazioni rilasciate telefonicamente all’autore, 14 gennaio 2007, comprese le successive.

[36] Vladimir Luxuria, dichiarazioni rilasciate all’autore, 15 gennaio 2007.

[37] Gianpaolo Silvestri, dichiarazioni rilasciate all’autore, 10 gennaio 2007.

[38] Sulla cancellazione permangono zone d’ombra. Vedi Paolo Pedote, Cattivo sangue, in «Pride», n. 75 (settembre 2005).

[39]L’attività del parlamentare è raccolta all’url

www.europarl.europa.eu/members/archive/alphaOrder/view.do?id=4398&language=it, ultima visita dicembre 2006.